07 gennaio 2023

Le sonate di Schubert secondo Daniel Barenboim: la registrazione

Nel 2014 Daniel Barenboim ha inciso 5 cd comprendenti l’integrale delle Sonate per pianoforte di Franz Schubert


«Le Sonate per pianoforte di Schubert sono un caso a parte nella storia della musica. Solo poche, tra le quali la “Fantasie-Sonata” in sol maggiore, sono state pubblicate nel corso della sua vita: le altre hanno visto le stampe postume e sono finalmente venute alla luce solo nel XX secolo con la pubblicazione del catalogo sistematico di Deutsch». 
 

        @DanielBarenboim
 

È con queste le parole che Daniel Barenboim inizia la presentazione della sua incisione discografica del 2014 per la Deutsche Grammophon: 5 cd comprendenti l’integrale delle Sonate (compiute) per pianoforte di Franz Schubert. 

La presentazione di Barenboim continua così: «Per molte ragioni sono state considerate dai musicisti come lavori minori. C’è una storia molto eloquente che a me è sempre sembrata plausibile: nel 1934 il grande pianista Arthur Schnabel incontrò il compositore Sergej Rachmaninov negli studi di Abbey Road a Londra. Alla domanda su cosa facesse negli studi rispose: “Sto incidendo le Sonate di Schubert”. Rachmaninov restò perplesso e chiese “Davvero? Schubert ha scritto anche delle Sonate?”. Non c’è dubbio che Rachmaninov fosse un musicista intelligente ed erudito: semplicemente a quel tempo solo pochissimi erano consapevoli che Schubert avesse scritto Sonate per pianoforte. E se devo essere onesto, neanch’io per la maggior parte della mia vita ho prestato troppa attenzione a queste opere meravigliose. La Sonata in la maggiore era ben conosciuta, ma persino la magnifica Sonata in do minore era eseguita raramente. Per molti anni mi sono concentrato su altre cose e non ho prestato attenzione a questi lavori. Avevo sfogliato le partiture, ne avevo suonata qualcuna a casa ma non le avevo mai esplorate come un ciclo completo. È stato solo nel 1978, mentre stavo preparando tra l’altro gli Impromptus e la Sonata in do minore in occasione del 150° anniversario della morte di Schubert, che mi sono imbattuto nelle sue ultime sonate. Ne rimasi subito affascinato e nacque la curiosità di conoscerle meglio, ma solo ora sono riuscito a trovare sufficiente pace e tempo per dedicare ad esse tutta la mia attenzione. Un progetto come questo – la possibilità di concentrarsi esclusivamente su un compositore – è un vero lusso. Ho iniziato a suonare le Sonate durante le mie vacanze estive, poi le ho riprese durante le vacanze di Natale a casa. E ora, avendo avuto l’opportunità di sedere da solo con Schubert in uno studio di registrazione per più di sei ore al giorno, mi rendo conto del ruolo cruciale che queste composizioni hanno avuto nella sua troppo breve vita musicale. Quando ripensiamo alla carriera di un compositore spesso ci rendiamo conto che alcune composizioni più di altre rappresentano una sorta di diario intimo delle loro vite. Nel caso di Beethoven non furono le sinfonie, come si potrebbe pensare, bensì le sonate per pianoforte e i quartetti. Queste sono le sue composizioni più personali. Per Mozart, sono forse le opere su libretto di Da Ponte e i concerti per pianoforte. Quanto a Schubert, abbiamo sempre considerato come punto di riferimento i Lieder, ma credo che anche le sonate per pianoforte siano senz’altro parte del suo diario. Quando registrai l’integrale delle sonate compiute ebbi l’ambizione, per il pubblico e per me stesso, di diffondere nuova luce sulla sua vita e sui suoi lavori – di soffiare vita dentro a quel suo diario musicale. Ne risultò un viaggio intenso e affascinante dentro a questi microcosmi di raffinatezza armonica. Per alcuni compositori, il diario è di facile lettura. Sappiamo tutti che per Beethoven si distinguono tre fasi, giovanile, matura e tarda. Ma Schubert, allora, che morì a 31 anni? La cosa straordinaria è che possiamo vedere con quale incredibile rapidità egli progredì, pur avendo avuto una vita e una carriera così tragicamente brevi. Possiamo solo immaginare cosa sarebbe potuto succedere se avesse vissuto più a lungo! Sono convinto che sarebbe diventato uno dei musicisti più rivoluzionari di tutti i tempi. Così com’è, nella musica che ci ha lasciato possiamo sentire tracce di Bruckner, per non parlare di Johann Strauss – talvolta ascoltando le sue sonate sembra di assistere a un concerto di Capodanno per pianoforte. È sorprendente! Quel che colpisce in particolare, quando ti immergi nelle sue sonate, è che Schubert è maestro dei contrasti. Diversamente, per esempio, da Wagner, Schubert non necessita un apparato dinamico ampio per ottenere gli effetti desiderati. I contrasti, per lui, sono spesso basati su modulazioni nell’armonia o su un’incertezza intenzionale tra maggiore e minore. Personalmente, sento una stretta affinità con questa ricchezza di varietà e di cambiamenti improvvisi del temperamento. Non ha nulla a che fare con lo sforzo, come in Wagner, dove lo sforzo è parte della struttura espressiva. In Schubert non è così – con lui solitamente c’è spazio per una risata in mezzo alle lacrime. Le sue sonate sono quindi anche rivelatrici, poiché realizzano qualcosa che raramente si riesce a ottenere: mettono insieme emozioni contrastanti in una unità armonica. A volte un singolo tema può evocare una sensazione di gioia e, simultaneamente, far intravedere un abisso di indicibile malinconia. La verità è che è impossibile spiegare tutto questo a parole. Questo è il punto fondamentale della musica: se potessimo spiegarla, non dovremmo suonarla. Per me, incidere insieme tutte le sonate di Beethoven è stato un processo che ha consentito anche di esplorare l’effetto che la musica ha su di noi. Dopo aver diretto, per esempio, Götterdämmerung, non si può semplicemente tornare a casa e dimenticarsene – è un’esperienza troppo travolgente per poterlo fare. Schubert mi ha colpito in un modo che mi ha sorpreso: trascorrendo sei ore e più in intima comunione con la sua musica, il mio stato d’animo era di totale tranquillità e appagamento. L’infinito sentimento di felicità che ho provato durante quelle ore è vivo ancora oggi. Del mio tardo incontro con le sonate di Schubert sono estremamente grato».