19 dicembre 2022

“Alfonso Rendano” di Vincenzo Vitale

da Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento di Vincenzo Vitale (Napoli, 13 dicembre 1908 – Ivi, 21 luglio 1984)


Aurore Dudevant, detta George Sand, fu, non che di Chopin o di Musset, la Ninfa Egeria di un pianista nostro: Alfonso Rendano. 

Alla narrativa di lei egli si volse per trarne ispirazione da libretto d’opera. E tradusse in note le vicende di Consuelo, un romanzo che con tanti altri suoi (Indiana in testa) procurò ricchezze immense all’autrice. Ed a noi momenti di sano, irrispettoso buonumore. 

Per la verità il tentativo teatrale d’un eccellente pianista è sempre un fatto notevole: indicativo soprattutto d’una apertura mentale che liberi lo strumentista dall’angustia del meccanismo e gli offra il pretesto d’un riposo non inerte nell’esercizio muscolare quotidiano.

Ed è da porsi in rilievo come virtuosi della classe d’un Thalberg (con la sua Cristina di Svezia) o d’un Cesi (col suo Vittor Pisani), tanto per restare nell’ambito del nostro ottocento, dedicassero notevoli cure al tentativo operistico. Resta da vedere solo quanto il desiderio di più facili guadagni o di più clamorosi successi spingesse gli strumentisti al melodramma e quanto un costume, una tendenza alla quale essi non seppero sottrarsi, a costo di sacrificare tempo ed energia alla pratica pianistica.

Ad ogni modo anche Alfonso Rendano aggiunse la sua pietruzza alla mastodontica mole dell’edificio melodrammatico. Ed essa, forse, non fu più friabile di quelle recate da Platania, da Serrao, da D’Arienzo, da Lauro Rossi, forse dallo stesso Van Westerhout e da tanti altri suoi conterranei e contemporanei, che al teatro mirarono come alla meta ultima delle loro aspirazioni. E spesso con scarso successo.

Consuelo di Alfonso Rendano fu rappresentata al Regio di Torino ed ebbe mediocre esito, così come avvenne a Mannheim, Stuttgart, Brema, dove un impresario tedesco l’aveva presentata.

Ma, nonostante quell’opera quasi fallita, Rendano può essere considerato un musicista assai interessante. Nella rosa dei pianisti napoletani del secondo ottocento fu tra i primi in classifica, eppure il suo nome non s’affaccia alla mente quando rievochiamo il periodo della nostra rinascita strumentale, che si animò dall’azione di molti musicisti, i più quasi dimenticati e, per quanto riguarda il Rendano, davvero ingiustamente. Il suo, infatti, non fu appena un contributo d’informazione ma un apporto di operante attività nell’evolversi del gusto e del costume. Basterebbero, a convalida di ciò, i venti concerti tenuti a Roma da lui con programmi comprendenti i capisaldi della letteratura pianistica, ivi comprese le 32 Sonate di Beethoven.

[…] 


Vincenzo Vitale, Il pianoforte a Napoli nell’ottocento, Saggi Bibliopolis 10, Napoli: Bibliopolis 1983, pp. 87-91

 

Adriana Benignetti