«Per
me il canto è espressione animale e di animus, ovvero un bisogno di
dire per un cantante, un musicista, un musico: è qualcosa di
esistenziale, è esprimere se stessi utilizzando una forma privilegiata di
comunicazione. Così come il pittore utilizza il segno grafico sulla tela, il
cantante si avvale della propria voce per esprimere stati d’animo e sensazioni…
in definitiva l’Io. Un mondo di introspezione e comunicazione: questo per me è
il canto»
Milanese, formatosi anche come clarinettista e laureato in
Filosofia Estetica, il basso Andrea
Mastroni sta vivendo un momento particolarmente felice della sua carriera
artistica. Reduce da numerosi e bei successi in Italia e all’estero, nel 2017
Mastroni debutterà in alcuni dei più importanti teatri del mondo: innanzi
tutto, al Metropolitan Opera House di New York dove da domani (per un totale di
4 recite: 20, 26, 30 gennaio e 4 febbraio) sarà Sparafucile in Rigoletto nella produzione che porta la firma di Michael Mayer
per la regia e di Pier Giorgio Morandi per la direzione.
Per l’occasione, ho
avuto il piacere di parlare con lui di quest’importante appuntamento, dei
prossimi debutti e del suo percorso artistico.
Nel 2017 ti aspettano
importanti debutti internazionali, innanzi tutto quello sul palco del
Metropolitan Opera House: come ti sei preparato per quest’importante
appuntamento? Quando
devo affrontare un debutto studio approfonditamente, sia da un punto di vista musicale che
drammaturgico, il personaggio da rappresentare, nel pieno rispetto di ciò che
richiede il compositore. Sicuramente cantare su un palco così importante e
speciale mi elettrizza!
Andrea Mastroni in Rigoletto al Teatro Carlo Felice di Genova |
Al MET andrà in scena
la produzione che porta la firma, per la regia, di Michael Mayer: un Rigoletto ambientato a Las Vegas, negli
anni ’60 e nel quale Sparafucile è proprietario di uno strip-club. Hai già
visto questa produzione? Cosa ne pensi? Sì, ho avuto la possibilità di vedere questa
produzione. In questi giorni, inoltre,
abbiamo ultimato le prove di regia e lo spettacolo mi affascina molto: in
questa produzione Sparafucile sembra disegnato su di me, nel pieno rispetto
della drammaturgia. Il borgognone diviene una sorte di gangster proprietario di
un night-club: nel terzo atto, infatti, la locanda diventa il suo locale e il luogo
dove si compirà il misfatto nella notte di tregenda. Il connubio tra regia e
musica rende al massimo l’idea drammaturgica di Verdi relativa a questo personaggio.
A maggio, sarai per
la prima volta alla Royal Opera House Covent Garden di Londra in Don Carlo. Al Covent Garden, dopo avermi
affidato numerose recite di Rigoletto
per fine 2017 e Die Zauberflöte nel 2018, mi hanno proposto anche la partecipazione
in questa splendida produzione di Don
Carlo nella quale avrò la fortuna di cantare accanto grandi nomi come Paata
Burchuladze, che interpreterà il grande inquisitore.
Recentemente, invece,
hai interpretato il protagonista di Aquagranda
di Filippo Perocco per l’inaugurazione del Teatro La Fenice di Venezia. Ci
parli di quest’esperienza e del tuo personaggio? È stata un’esperienza unica; il mio
personaggio, Fortunato, sembrava disegnato esattamente sulla mia vocalità. L’allestimento,
firmato Michieletto, ha reso quest’opera davvero unica e indimenticabile.
Il tuo repertorio spazia dal barocco al
contemporaneo: dove ti senti più a tuo agio? Mi
sento a mio agio in un repertorio dove la mia voce può esprimere, può dire. È
molto difficile per me classificare la mia vocalità rispetto a un’epoca
specifica ma, certamente, posso individuare il mio terreno d’elezione nel
periodo tra Settecento e Ottocento, con una predilezione per Mozart, Rossini e
Händel. Questo è il periodo storico al quale mi sento molto affine per una
questione esistenziale/culturale e di gusto personale.
Come
ti sei avvicinato al canto? Grazie alla liederistica, dopo aver ascoltato il ciclo schubertiano Die schöne Müllerin. All'epoca ero un
diplomato al liceo classico e avevo appena terminato gli studi di clarinetto: fui
rapito dal modo di cantare e interpretare questi testi e dalle atmosfere che
queste musiche creano.
Ami molto anche il
repertorio cameristico, soprattutto francese, e hai inciso l’integrale delle
Mélodies di Duparc. Brilliant Classics mi propose di affrontare un progetto, arduo e
innovativo, ovvero quello di interpretare il ciclo integrale delle restanti Mélodies di Henri Duparc, arrangiate per
la voce di basso. L'esperimento è a dir poco riuscito e con successo,
considerato che siamo alla sesta ristampa del disco!
Un’altra passione è, appunto, quella per
i Lieder. Devo
ammettere che la lideristica tedesca rimane sempre il mio grande amore, in primis Schubert, Mahler, Schumann e
Wolf.
Cos’è il canto per te? Per
me il canto è espressione animale e di animus, ovvero un bisogno di dire
per un cantante, un musicista, un musico: qualcosa di esistenziale,
esprimere se stessi, utilizzando una forma privilegiata di comunicazione. Come
il pittore utilizza il segno grafico sulla tela, così il cantante utilizza la
propria voce per esprimere stati d’animo, sensazioni.. in definitiva l'io. Un
mondo di introspezione e comunicazione. Questo per me è il canto.
(© Andrea Mastroni) |
Una carriera come la
tua richiede impegno e sacrifici: c’è qualche rinuncia che ti pesa? Sicuramente si! Da persona, che
nasce sedentaria, questa scelta di vita mi ha imposto condizioni lontane
dalle mie abitudini. Fare la vita del cantante d’opera non è un semplice
lavoro, ma in toto una scelta di vita. È certamente un grande sacrificio,
venendomi a mancare l’appartenenza a un luogo, ma è pur vero che ogni lavoro
richiede un sacrum-facere, quindi ben
venga!
Come affronti le difficoltà legate alla
carriera? Quali sono, per te, le maggiori difficoltà? Senz'altro
bisogna essere piuttosto certi delle proprie scelte artistiche perché questo
bizzarro mondo operistico propone molte tentazioni, soprattutto se il lavoro
procede qualitativamente bene e gli apprezzamenti arrivano da molti teatri e
dal pubblico. L'aspetto più difficile, alla luce di ciò, è quello di mantenere
i piedi ben saldi a terra e di operare scelte ponderate al momento opportuno,
considerando la naturale evoluzione della propria voce: a mio avviso questo
implica un grande rispetto verso noi stessi e il pubblico che ci viene ad
ascoltare. Non bisogna, quindi, strafare o bruciare le tappe per eccesso di
autocompiacimento. Un’altra difficoltà si può verificare quando si lavora con
direttori d’orchestra o registi che tendono a non motivare logicamente le loro
scelte artistiche e le loro intenzioni espressive: personalmente, cerco sempre
delle risposte e delle argomentazioni comprensibili, perché mi pongo un obiettivo
di crescita personale e lavorativa in ogni situazione e in ogni produzione.
(©Nicola Garzetti) |
Prima di entrare in
scena c’è più adrenalina o paura? Sicuramente adrenalina perché l'adrenalina è
un’energia che ci spinge a dare il meglio di noi stessi. Non direi paura,
poiché associo quest’ultima a un sentimento negativo e non a un’esperienza
artistica. L’adrenalina, al contrario, deve esserci perché siamo umani e la
musica è vita: quindi, ben venga!
Quante ore dedichi allo studio? Lo
studio è quotidiano e fatto di grande riscaldamento fisico e di indagine
vocale, assecondando l’esigenza quotidiana e in prospettiva del repertorio che
devo eseguire in quel determinato periodo.
Cosa ami fare nel
tempo libero? Nel tempo
libero amo circondarmi di arte, andare a teatro per vedere prosa o balletto;
adoro anche il cinema di diversa estrazione. Amo andare in visita a mostre e
musei, specie quelli dedicati all’arte moderna e contemporanea. Mi piace molto
visitare nuove città e scoprire la cucina locale, soprattutto città italiane,
dove il patrimonio gastronomico e culturale è altissimo. Ovviamente nel
tempo libero non può mancare un allenamento fisico anche mirato a un cantore.
Ti sei laureato anche
in Filosofia Estetica: a cosa è dovuta questa scelta? Dopo gli studi classici avevo molti
interessi tra i quali l'archeologia, la scenografia e la filosofia. Ho creduto
che quest’ultima rappresentasse la scelta più indicata perché mi consentiva di
indagare diverse categorie tra le quali la “possibilità” che in questo momento
storico non mi pare sia abbastanza valorizzata: darsi una possibilità,
attraverso la conoscenza e l'indagine di noi stessi, apre mondi di scelta
incredibili. È per questo motivo che la filosofia è così affine al canto e al
mio modo di essere. Non da ultimo, ho deciso di laurearmi sul melodramma
monteverdiano, analizzato alla luce del neoplatonismo accademico seicentesco.
Quali ruoli che non
hai ancora interpretato ti piacerebbe interpretare? Mi piacerebbe molto debuttare alcuni
ruoli della musica tedesca, in particolare Wagner e il suo König Marke del Tristan; inoltre, desidero cantare
Osmin dal Die Entführung aus dem Serail,
Lord Sidney da Il Viaggio a Reims
e ovviamente i ruoli del basso händeliano come il Re di Scozia, Polifemo e
Zoroastro.
C’è qualche
esperienza che ricordi con particolare emozione? Tutte le produzioni lasciano ricordi
speciali nella memoria ma forse i più importanti sono stati innanzi tutto il
mio debutto nel 2005 come Leporello, per il Circuito Lirico Lombardo, un ruolo
che mi ha accompagnato per diverso tempo, arrivando a quasi 100 recite. Poi, il
mio primo Sarastro al Teatro Carlo Felice di Genova, nel 2011, un ruolo che
porto nel cuore e che mi sta portando molta fortuna, come è stato per l’apertura
di stagione allo Staatsoper di Amburgo nel 2016. E ancora, Sparafucile all’Arena
di Verona con il caro Leo Nucci con cui ho avuto la fortuna e il piacere
di condividere numerose volte il palcoscenico; la mia prima volta all’Opera de
Paris con La Fanciulla del West
con protagonista Nina Stemme ; la prima di Macbeth al teatro degli Champs-Elysees.
Infine, la mia prima di Aquagranda alla Fenice di Venezia.
Che consigli daresti
a un giovane che vuole intraprendere questa carriera? Mi capita spesso di lavorare con
giovani cantanti e ciò che amo spesso consigliare è di ascoltare molto
attentamente le loro esigenze vocali e soprattutto di cercare e ricercare tutte
le informazioni che vengono offerte loro, senza confondere dogmi e informazioni,ma
cercando di capire meccanicamente cosa
accade, di ascoltare e assecondare i segnali del nostro corpo e del nostro
strumento. Non da ultimo, consiglio di comprendere al meglio le scelte di
repertorio che si vanno ad affrontare.
Come vedi la
situazione musicale italiana? Nel nostro Belpaese manca l'istruzione e la difesa del
patrimonio culturale. L’Italia è il paese del Belcanto ma fino a qualche
decennio fa, gli artisti di tutto il mondo facevano carte false per venire in
Italia a esibirsi: adesso, scelgono altri teatri europei e mondiali, come
accade a me oramai da tempo. Non posso nascondere che questo mi amareggia molto,
da italiano e da artista.
Adriana Benignetti