05 maggio 2016

Andrea Bacchetti per “Serate Musicali”

Lunedì 9 maggio alle ore 21.00, il pianista sarà protagonista, al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, di un concerto per la Stagione Concertistica di “Serate Musicali”


«Scoperto» e «proposto» da sempre da «Serate Musicali», che lo ospita per la ventottesima volta, il pianista Andrea Bacchetti sarà il protagonista del prossimo appuntamento della Stagione Concertistica 2015/2016 della storica associazione musicale, in programma lunedì 9 maggio alle ore 21.00, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Durante il concerto, Bacchetti eseguirà musiche di Bach e Mozart. 

Sala Verdi del Conservatorio di Milano,
via Conservatorio 12, Milano
Lunedì 9 maggio 2016 ore 21.00
«SERIE FESTIVAL OMAGGIO A MILANO» 2016

Pianista Andrea Bacchetti

JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750)
SUITE INGLESE N. 5 IN MI MINORE BWV 810
Prélude; Allemande; Courante; Sarabande; Passepied I en rondeau; Passepied II; Gigue
SUITE FRANCESE N. 5 IN SOL MAGGIORE BWV 816
Allemanda; Corrente; Sarabanda; Gavotta; Bourrée, Loure; Giga
SUITE INGLESE N. 2 IN LA MINORE BWV 807
Prélude; Allemande; Courante; Sarabande; Bourrée I; Bourrée II; Gigue
SUITE FRANCESE N. 2 IN DO MINORE BWV 813
Allemande ; Corrente ; Sarabande ; Air ; Menuett ; Gigue
SUITE FRANCESE N. 1 IN RE MINORE BWV 812
Allemande; Courante; Sarabande; Menuett I; Menuett II ; Gigue
CONCERTO IN FA MAGGIORE BWV 971 «IN STILE ITALIANO»
Andante; Presto

WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791)
FANTASIA IN RE MINORE K397
Andante; Adagio; Presto; Tempo primo; Allegretto
RONDÒ IN RE MAGGIORE K 485
Rondò. Allegro
SONATA IN SI BEMOLLE MAGGIORE “PARIGINA N. 5”
Allegro; Andante cantabile; Allegretto grazioso

Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00

Il programma della serata (tratto dal libretto di sala)

JOHANN SEBASTIAN BACH
Le Suites cosiddette «Inglesi»
Queste sei Suites furono certamente scritte durante il soggiorno di Bach a Cöthen, vale a dire in quel periodo 1717-1723 che vide la felice nascita di una cospicua parte della produzione strumentale del Maestro. La qualifica di «Inglesi» non è originale di Bach, ma una tradizione – non appoggiata tuttavia da nessun documento – pretende che queste Suites furono così intitolate perché Bach le avrebbe composte per incarico di un signore britannico. La forma differisce da quella delle Suites cosiddette «Francesi» per la presenza – in ognuna di esse – di un Preludio di vaste proporzioni che precede l'Allemande e inaugura maestosamente l'opera. Solo la prima Suite (in la maggiore) sembra - per il suo stile meno elaborato e impegnativo - appartenere a un periodo anteriore, forse a quello di Weimar (1709-17). Il linguaggio che parla Bach in questi sei capolavori non e più quello fortemente influenzato del manierismo delle leggiadre Suites cosiddette Francesi, ma e invece quello orgoglioso della sua piena e totale personalità, linguaggio che fa di queste sei Suites, uno fra i più compiuti e nobili esempi della maggiore arte cembalistica bachiana.
Suite Inglese n. 5 in mi minore BWV 810
Il Preludio è un autentico monumento, su ben centocinquantasei misure di stile fugato. È l'organo, con la sua maestà, che viene in mente. Il Tema è un autentico tema di fuga: qualcuno vorrebbe essere questa un Tema del grande Buxtehude (in ritmo binario, qui trasferito al 6/8). L’Allemande, intensa e solenne, forse ancor più nella seconda parte e ricca di stile imitativo. La Courante è di minore complessità di ritmi a fronte delle altre Correnti delle «Inglesi»; in compenso ha una scrittura armonica ricercata e squisita. La Sarabanda: semplice può apparirvi il Tema, ma non mancano qui le emozioni; la chiameremo Sarabanda «armonica», financo a quattro parti. Procedono qui le varie parti alla terza, alla sesta, o per moto contrario. Passepied en Rondeau et Passepied II sono di grande influenza francese. La leggerezza è qui di un Couperin, col ritorno regolare del Rondeau, col passaggio dal «minore» al «maggiore» nel II Passepied e il ritorno «Da capo» al primo Passepied. La Gigue è una pagina inquieta e tormentata: è l'inversione del Tema che apre la seconda parte, secondo l'abitudine nota del nostro Bach.
Suite Inglese n. 2 in la minore BWV 807
Il Preludio che apre la Suite è scritto in una netta forma ternaria (un po' come il primo movimento del Concerto Italiano) e si basa su un tema che ha qualcosa dello stile ritmico e melodico del Concerto e della articolazione dello strumento ad arco; in più punti, all'interno della composizione, le peculiarità clavicembalistiche assumono invece l'aspetto di virtuosistiche cadenze. Dopo l'impeto iniziale, l'Allemanda si introduce con l'eleganza di sobrie linee imitative; imitazioni che, appena accennate, ricorrono anche nella scorrevole Corrente. La Sarabanda, quasi cuore del lavoro, ha per tema principale un disegno discendente che in Bach ha celebri congiunti (ad esempio, l'Aria Es ist vollbracht della Passione secondo Giovanni). la Sarabanda viene subito ripetuta «variata», cioè arricchita di ornamentazioni che, secondo una via nota nel Settecento solo a Bach, non disturbano ma accrescono le facoltà espressive della pagina. La Bourrée I è un celebre brano di vitalistico slancio, nel cui inciso d'apertura si riflette la proterva allegria di un passo del Secondo Concerto Brandeburghese. Come spesso in queste danze «alternate» la Bourrée II è vicina al carattere della Musette per la presenza di note a lungo tenute; al termine di essa si ripete la Bourrée I. La Giga, a una rilettura attenta rivela una natura inventiva certo meno ricca dei pezzi precedenti, ma all'ascolto la sua continuità ritmica assicura tuttavia la degna conclusione dell'opera.
Le Suites cosiddette «Francesi»
Bach, vedovo trentaseienne, si risposò il 3.12.1721. Fu Anna Magdalena Wilke (o Wülke, o Wülken), che aveva trovato impiego come cantante alla corte di Cöthen, la fortunata. Le «Francesi» risalirebbero a quella prima (o seconda) felicità coniugale. A lei dedica il primo KlavierBüchlein (1722), che reca le prime 5 «Francesi». Anche nel noto e più grande KlavierBüchlein (1725), troviamo la prima e parte della seconda. In altro manoscritto, proprietà del figlio Friedemann, troviamo le prime 4 Suites. Bach non scrisse «francesi», ma solo «Suite pour le clavecin». La loro aurea semplicità (spesso levità), rinuncia a quei pezzi da battaglia che aprono le «Inglesi» e spesso fanno la felicità (geniale) della vera Hausmusik. La Quinta e la Sesta sono probabilmente posteriori e rappresentano un passo avanti rispetto alle altre. Anche all'interno delle Suites, il piano di costruzione subì modifiche. L’ordine finale non è di Bach ma dell'allievo H. N. Gerber, da copia forse corretta da Bach stesso. Come s'è visto, Bach giunse tardi (relativamente) ai piaceri e alle consolazioni delle Suites, forse anti-eroiche e borghesi, ma poi didatticamente meritorie. Anche le «Francesi», seguirono a studi e tentativi. Ma breve fu l'arco degli anni dedicati alle Suites: forse dieci (1720-30), togliendo l'Ouverture francese ('35), forse cinque, se le Partite fossero già concluse nel '25.
Suite francese n. 5 in sol maggiore BWV 816
Subito emozionante, l'Allemanda a tre voci, capolavoro di polifonia, che collega l'arte dell'improvvisare, al tipo della sottile e spirituale condotta delle parti. La Corrente, a due voci, nello stile italiano, spiritosa e gioconda, pur nella sua felicità, è la sola che potrebbe eventualmente essere un po' meno d'un capolavoro. La Sarabanda è ben degna d'un Couperin o d'un Rameau. La Gavotta è la perla tra le Gavotte, di chiarezza e di grazia supreme: scolpita, disegnata, dipinta. Divina la Bourrée, malinconica e lieta al tempo stesso, che porta l'eco dell'Allemanda e sembra volerla superare. E un soffio divino è nella Loure, (l'incipit sembra l'eco della ripresa della Bourrée), in ritmo lentamente puntato che, «cantando», va trasfigurando la grazia d'un cerimoniale antico, che tiene il posto del Minuetto e si rifà al Doux Pays, che è la vecchia Francia. Apre la Giga, fugata, in tessitura di soprano (due e tre voci), che somiglia a una tarantella, ma non solo questo: come nessuna, conosce l'eleganza e l'ironia, è la perla tra le sei Gighe. L'esecutore intelligente e sottile vi può rivelare (o inventare) ritmi lievi o pungenti, puntati o piani e mille «non legati». Ma volubili sempre e cangianti! E non desunti mai da «un solo» strumento. E senza mai fare mancare la «sorpresa» – come ci diceva Richter.
Suite Francese n. 2 in do minore BWV 813
Meno chiaro è qui il nesso tematico tra le varie Danze, rispetto alla precedente Suite. L'Allemanda, a tre voci, s'impone anche per la grande varietà ritmica. La Corrente, italiana, richiama il secondo dei sei Piccoli Preludi. A due voci, ha una terza voce, d'integrazione armonica per poche battute. La Sarabanda somiglia a un'aria ornata, sostenuta da un basso a due voci. L'Air, la cui seconda parte è tre volte la prima, è istrumentale (cioè «negativa» rispetto al nome che porta), potrebbe tuttavia essere cantata a due voci. Al Minuetto segue, in qualche edizione, un secondo Minuetto o Trio. La Giga, francese, è di ritmo puntato o saltellante. È a due voci («Vivacissima», come si suppone).
Suite Francese n. 1 in re minore BWV 812
Nella I Suite si può osservare un inconfondibile nesso tematico tra le Danze, in ispecie tra prima e ultima (Allemanda e Giga). La Corrente è francese, a tre voci. Inusuale la Sarabanda, a quattro voci: di carattere quasi religioso. Il secondo Minuetto, quasi doppio di dimensioni rispetto al primo, non può ridursi a «Trio» di questo. Due Minuetti dunque, come due Correnti nella prima «Inglese»! La Giga richiamerebbe il carattere delle Gighe del liutista francese Gautier. Questa Giga, in 4/4, a ritmo puntato, è d'insolita gravità e somiglia ben poco al movimento tanto vivo e lieto che conclude solitamente le Suites.
Concerto in fa maggiore BWV 971 «In stile italiano»
Anche la composizione del Concerto secondo lo stile italiano BWV 971 si riallaccia al periodo trascorso a Cöthen, quando l'interesse di Bach era volto quasi esclusivamente alla musica strumentale. La scrittura di questa pagina, come anche quella dell'Ouverture francese, indica chiaramente che le due opere furono concepite per un clavicembalo a due manuali, indispensabile per ottenere gli effetti di piano e forte che imitano sapientemente le contrapposizioni “tutti-solo” proprie del Concerto grosso italiano. Il contrasto è straordinario: da un lato l'agilità, la snellezza, la brillantezza degli «episodi solistici» nel piano (II manuale), dall'altra la forza, la robustezza e la potente sonorità del tutti nel forte (I manuale). Anche dal punto di vista strutturale, naturalmente, il Concerto italiano è concepito secondo la forma-ritornello tipica del Concerto vivaldiano: un motivo principale esposto dal tutti, detto appunto ritornello, si alterna a episodi contrastanti affidati al solista. Il tema del ritornello dell'Allegro iniziale è regolare e simmetrico: quattro battute di proposta alla tonica cui rispondono quattro battute di controproposta alla dominante. Le successive sezioni sono ben delineate e separate fra loro da perentorie cadenze: il ritorno ciclico del ritornello in diverse tonalità, è intercalato da tre episodi in cui spicca la linea melodica della mano destra sostenuta dalle scivolanti armonie della sinistra. L'attacco dell'Andante, scritto in forma bipartita, è decisamente di sapore vivaldiano, a ulteriore conferma del modello assunto da Bach per questa composizione: un'unica, lunghissima, linea di canto (l'analogia col concerto barocco farebbe qui pensare a un violino solista) si snoda sinuosa dall'inizio alla fine sopra un basso ritmicamente regolare ma in continua e inquieta evoluzione armonica, quasi una specie di orchestra con sordina. Anche il travolgente Presto conclusivo è scritto in forma di ritornello, con un motivo principale ascendente pieno di vita e di verve ritmica riproposto su diversi piani tonali e alternato a vivacissimi episodi «solistici»; il tutto senza soluzione di continuità, in un discorso musicale fluido e ritmicamente serrato.

WOLFGANG AMADEUS MOZART
Fantasia in re minore K 397
La composizione della Fantasia in re minore per pianoforte solo va collocata tra gennaio e dicembre del 1782, anche se il manoscritto originale del pezzo è andato perduto e di esso non c’è alcun riferimento negli scritti e nella corrispondenza dell’autore. Secondo gli studiosi mozartiani la Fantasia risente, almeno dal punto di vista formale, dell’influenza di Philipp Emanuel Bach e di Haendel, che avevano trattato più volte questo tipo di composizione un po’ rapsodica e senza gli schemi prestabiliti. Infatti il brano rientra nel genere delle improvvisazioni, realizzate dal musicista salisburghese nel corso dei suoi innumerevoli concerti pianistici, dove si dispiegavano congiuntamente l’estro inventivo e il talento virtuosistico dell'artista. L’Andante iniziale è immerso in un clima sospeso e sembra svolgersi senza un tema preciso, quasi a preparare meglio il clima espressivo dell’Adagio, così intimamente cantabile nel suo recitativo patetico, seguito da un ritornello vivace e brillante, fatto di modulazioni morbide e delicate. Ritorna quindi la frase dell’Adagio in la minore, nucleo centrale del pezzo, dove si respira un sentimento di malinconica poesia da Lied. Con il tema dell’Allegretto (un Rondò in re maggiore) muta l’atmosfera psicologica e tutto diventa più lieto e gioioso, in una varietà di brevi punteggiature ritmiche e timbriche che appartengono alla fantasia creatrice mozartiana. Certamente il brano è estremamente conciso (poco più di sei minuti di musica) e non offre spazio a un’analisi molto ampia e dettagliata, ma è rivelatore del temperamento di inesauribile freschezza pianistica di un autore che, anche nelle improvvisazioni, ha lasciato il segno della sua genialità.
Rondò in re maggiore K 485
Poche notizie si hanno in genere sulla genesi dei molti brevi brani pianistici del catalogo di Mozart, la cui nascita è legata a circostanze che rimangono nell’ombra. È questo anche il caso del Rondò in re maggiore K. 485 che non venne inserito da Mozart nel proprio catalogo personale e la cui datazione del 10 gennaio 1786 risulta dall’autografo. Si tratta di un Rondò piuttosto articolato e brillante, basato, con poche deviazioni, sulle varie fortune del capriccioso tema di base. Tuttavia il fine ricreativo è raggiunto con il ricorso a una tecnica non particolarmente impegnativa, il che lascia pensare che la pagina fosse destinata a qualche allieva o a qualche nobile “dilettante”.
Sonata in si bemolle maggiore “Parigina n. 5”
La Sonata in si bemolle maggiore K. 333 rispecchia la commedia sentimentale, rispecchia il teatro borghese di Gottfried Lessing con la sua analisi dei sentimenti, razionalistica e insieme affettuosa. Il primo tema del primo movimento è simile al tema d'inizio della Sonata op. 17 n. 4 di Johann Christian Bach. E siccome Bach, che aveva paternamente accolto Mozart bambino a Londra e che gli aveva impartito lezioni di composizione, era scomparso nel 1782, sembra probabile che Mozart intendesse rendere omaggio alla memoria di un musicista che nella sua formazione aveva svolto un ruolo importante. Partendo da Johann Christian, Mozart sviluppa però un'architettura articolatissima e complessa, quale l'ultimo figlio di Bach non aveva mai tentato. Il secondo movimento è in forma bitematica e tripartita, molto rara nei tempi lenti delle Sonate e... molto insidiosa perché nella sezione centrale, lo "sviluppo", Mozart si lascia attrarre dalle sirene del cromatismo. Il 13 agosto 1778 Leopold Mozart aveva raccomandato caldamente al figlio di impegnarsi sul "naturale, di scrittura fluida e facile e ben costruito", sostenendo che ciò era "più difficile di tutte le progressioni armoniche artificiali, incomprensibili ai più, e più delle melodie difficili da eseguire". Nel secondo movimento della Sonata K. 333 Mozart striscia proprio sugli scogli che il suo vigile padre gli aveva consigliato di evitare. Il tono leggero della commedia borghese ritorna nel finale, vasto Rondò in sette episodi con inserita una sorprendente "Cadenza in tempo" che occupa un buon 15% della composizione e che trasferisce nella Sonata un elemento tipico del Concerto, il gioco della contaminazione formale riesce a Mozart splendidamente. Ma anche questo particolare diventava una fonte di disorientamento per il pubblico che aveva accolto con gioia le Sonate K. 330, 331 e 332. Si trattava quindi di un ulteriore errore, di uno dei tanti errori di valutazione verso i quali il demone di Mozart – per nostra fortuna – guidò il suo alunno.

Andrea Bacchetti ha esordito a 11 anni a Milano con i Solisti Veneti diretti da Scimone. Negli anni ha incontrato e raccolto i consigli di Karajan, Magaloff, Baumgartner e Horzowski. Con Berio ha studiato e lavorato fin da quando era un bambino. Master all’Accademia di Imola con Franco Scala, borse di studio (Mozarteum Salisburgo, Yamaha Music Foundation, Londra, ecc.) gli hanno consentito di studiare con i migliori specialisti della tastiera. Dal 1998 è ospite di “Serate Musicali” - Milano. Uno dei primi concerti per “Serate” ha avuto luogo al Museo Teatrale della Scala come omaggio a Luciano Berio (presente l’Autore). Le “Serate” gli hanno ufficialmente affidato l’esecuzione dell’opera omnia di J.S. Bach (2001), ciclo quasi giunto al termine. Ha suonato con più di 50 direttori e molte orchestre internazionali; ha inciso più di 20 dischi che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. Il recente CD “The Scarlatti Restored Manuscript” è stato premiato con l’Award dall’ICMA 2014. Suoi concerti sono trasmessi da RadioTre, BBC Radio3 (UK), Radio France, RSI (Svizzera), CBC Radio 3 (Canada), ecc. Nella scorsa stagione ha partecipato al PMF di Sapporo (su invito di Luisi), ha tenuto concerti dedicati a Berio nel ciclo “Bach Modern” del CNDM presso l’Auditorio Nacional de Musica di Madrid e a Milano per MITO, oltre a una tournèe in Belgio con la Russian Chamber Philharmonic St. Petersburg e recitals per la 50° edizione dei Festivals Internazionali di Brescia e Bergamo e Cervo. Ha partecipato al Festival Uto Ughi per Roma e alla Sagra Musicale Malatestiana di Rimini. Nel 2014 è tornato in Giappone, ha debuttato a Hong Kong e ha tenuto concerti in Germania, Spagna, Nuova Zelanda, Australia e Italia. Nella stagione in corso sono previsti concerti in Spagna, Messico, Corea, Polonia, Cina, Russia.


Adriana Benignetti