22 febbraio 2016

Emilio Aversano a Milano tra Mozart, Beethoven, Schubert e Scarlatti

Venerdì 26 febbraio alle ore 21.00, il pianista sarà protagonista di un concerto per la Stagione Concertistica di “Serate Musicali” presso il Conservatorio “G. Verdi”

Salernitano di nascita, residente a Tropea, docente al Conservatorio di Vibo Valentia, famoso per l’esecuzione di concerti che sembrano vere e proprie maratone (anche 5 concerti per pianoforte e orchestra eseguiti, a memoria, in una sola serata), Emilio Aversano sarà il protagonista del prossimo appuntamento della Stagione Concertistica 2015/2016 di “Serate Musicali”, in programma venerdì 26 febbraio alle ore 21.00, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano. 
Nel concerto del 26 febbraio, Aversano eseguirà musiche di Mozart, Beethoven, Schubert e Scarlatti.

Concerto di venerdì 26 febbraio ore 21.00
Sala Verdi del Conservatorio “G. Verdi” di Milano
Via Conservatorio 12, Milano

Pianista Emilio Aversano

W. A. Mozart
Fantasia in re minore K 397
L. v. Beethoven
Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta”
F. Schubert
Improvviso in sol bemolle maggiore op. 90 n. 3
W. A. Mozart
Fantasia in do minore K 475
D. Scarlatti
Sonata in mi maggiore
Sonata in fa minore
L. v. Beethoven
Sonata in fa minore op. 57 “Appassionata”

Biglietti: Intero € 20,00 - Ridotto € 15,00

Presentando questo volantino potrai avere un biglietto a prezzo scontato.


Il programma (testo di Emilio Aversano)

DA NAPOLI A VIENNA. VIAGGIO LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE MUSICA

La Fantasia in re minore K397 di Wolfgang Amadeus Mozart probabilmente più di ogni altra composizione pianistica del genio salisburghese interpreta la propensione dei grandi artisti a scrivere musica evocando eco lontana – ora nel tempo, ora nello spazio – di melodie, il cui carattere ha impresso, nella loro memoria, un ricordo che li ha accompagnati durante tutto l'arco della vita terrena. Forse non è del tutto un'eresia pensare che una tra le chiavi dell'interpretazione moderna possa essere proprio quella che sottovoce ci piacerebbe definire “poetica dell'eco”. Si dice che una corretta esecuzione pianistica debba essere la riproduzione sonora il più possibile fedele ai segni che l'autore ha lasciato in partitura e concordiamo pienamente, ma se provassimo a trasporre nella magia dell'eco tale riproduzione, spogliandola di qualsiasi accezione esclusivamente filologica, ci accorgeremmo che probabilmente molto cambierebbe nell'idea generatrice dell'interpretazione, lontana dal tentativo di creare sulla tastiera suoni di un'interezza fine a se stessa e dunque talvolta eccessiva. Quando Napoli era la capitale della musica e meta obbligata delle tournèe dei più importanti artisti dell'epoca, Mozart, per volere del padre Leopold, all'età di 14 anni ne fece una tappa fondamentale del suo primo viaggio in Italia. Non crediamo sia un caso che la melodia della Fantasia K397 appaia come un’eco di cantabilità intrisa di malinconia, anche melodrammatica, tipica della sensibilità napoletana. Melodia struggente ma al contempo elegante, nobile nel portamento, introdotta a sua volta da straordinaria eco bachiana, un preludiare in arpeggi evocativo d'un'atmosfera di mistero che non lascerà più l'intero componimento e a cui Beethoven sembra rivolgersi idealmente nel primo accordo arpeggiato della Sonata op. 31 n.2 "La Tempesta". É un momento di vibrante attesa dell'apparizione dei temi che si susseguono, pervasi dall'agitazione caratteristica dello Sturm und Drang, di cui la Tempesta può essere considerata quasi un manifesto musicale, al di là del titolo che richiama l'omonima commedia di Shakespeare. Beethoven, tra l'altro, suggerì ai futuri esecutori di leggere quest'opera per una coerente interpretazione della Sonata. Il primo tempo è di struttura formale complessa e oggetto di acceso dibattito tra gli studiosi di analisi per ciò che è attinente all'individuazione dei due temi principali. Ma essendo, come crediamo, un componimento innanzitutto poetico e profondamente drammatico, riporta l'eco misteriosa della Fantasia K 397 e, nella forma, lascia pensare proprio a una Fantasia, data la presenza di tre Temi generati dalla stessa idea di tragedia. Inoltre, un pedale autografo posto a tre quarti della composizione, esattamente prima della ripresa, evoca tutta la suggestione di una sezione aurea. Esso crea infatti, tra le note di uno spoglio recitativo, una lunga eco di risonanza che ricorda quella sofferta del primo tempo della Sonata quasi una fantasia op.27 n. 2 detta “Al chiaro di luna” e rappresenta la climax dell'opera. L'atmosfera pacificata del secondo tempo evoca spunti virgiliani: il ritmo appare come statico e apre l'immaginazione a un luminoso paesaggio dai contorni sfumati ove il canto - ora breve, ora più articolato - sembra provenire da antichi strumenti d'un tratto risvegliatisi o ispirato dai suoni della natura di fronte alla quale l'uomo contempla la sua solitudine. Si avverte una nostalgia velata di tristezza, che introduce il terzo tempo, ove un enigmatico e ossessivo ritmo ternario sostiene un leitmotiv intimamente sofferto, fino ad accompagnarlo a scomparire quasi inghiottito da se stesso, in una misterioso pianissimo, eco di lancinante tragedia interiore. La stessa eco percorre l’anima di Franz Schubert, il compositore che più di ogni altro ha rappresentato l'artista nel passaggio dall'equilibrio classico alla profonda sofferenza emotiva di fronte al mistero dell'esistenza. Maestro assoluto nella composizione di Lieder, proprio in un Lied dal titolo “Der Wanderer” innalzò la colonna dorica della Wanderer Fantasia, la composizione pianistica ritenuta universalmente il manifesto musicale del Romanticismo e legata spiritualmente al dipinto di Caspar David Friedrich, “Il Viandante sul mare di nebbia”. Nel tema di questo Lied rinveniamo l'eco meravigliosa del metro principe della poesia classica greca e latina, il dattilo, oltre che delle componenti più drammatiche della sua musica. Un canto di dolore dalle profondità imperscrutabili rappresenta la tragica interrogazione che il viandante pone a se stesso lungo il suo viaggio: “dove?”. Proprio nella melodia Schubert esprime l'afflato più romantico della sua anima, che percorre interamente una delle sue composizioni più celebri, l’Improvviso op. 90 n. 3 in sol bemolle maggiore. Limpido canto sembra fluire sorgivo attraverso il commovente ricordo di antica bellezza perduta, che riaffiora come un sogno a occhi aperti. È forse tra le più alte espressioni dell'amore romantico, ripiegato in se stesso, a proteggere la fragilità dei sentimenti puri, dove ogni nota si può dire simile a un cristallo d'incontaminata bellezza. L'estrema delicatezza della sua musica, unita alla grande intensità emotiva, anticipa quella che sarà la definizione che Schumann ebbe a dare delle Mazurke di Chopin, brevi pezzi dalla struttura formale semplice ma nello stesso tempo dalla potenza espressiva inaudita: «cannoni sepolti sotto i fiori». Aneliti romantici dunque, che pervadono anche quella che è forse la più complessa tra le opere di Mozart per pianoforte solo, la Fantasia in do minore K475. Il sentiero tragico pare non trovare fine in questa composizione, che si apre con tre forti (“f”) posti su altrettante note discendenti, a partire dal do centrale e a distanza di un tono: do-si bemolle-la bemolle, seguite tutte e tre da improvvise note in piano, come eco di un rintocco funebre che sembra preludere all'abbandono del corpo per una rinascita dell'anima a nuova vita. Non è probabilmente un caso che il canto sereno che pare sorgere dalla nera terra (μέλαινα γαῖα, come nell'incanto del più celebre frammento poetico di Alcmane) dell'introduzione, si presenti in re maggiore, tonalità “pastorale”, un tono sopra al do della tonalità d'impianto della Fantasia. Tale suggestione matematica, insieme al meraviglioso diradarsi dell'oscurità della tonalità di do minore verso il luminoso re maggiore, sembra evocare la eco d'un rituale esoterico, di cui Mozart era interprete grazie all'appartenenza alla loggia massonica "Alla speranza incoronata" di Vienna. La composizione procede tra un’alternanza di luci e ombre sempre fitta di impressioni poetiche e si conclude con una lunga scala di do minore segnata non a caso da tre brevissime interruzioni su altrettanti “do”, a partire dal do in chiave di basso fino al do acuto. Echi fantastici si generano copiosi anche negli “Essercizi per gravicembalo” di Domenico Scarlatti, conosciuti universalmente come Sonate, ove gli spunti tecnici innovativi (arpeggi, mani incrociate, ottave spezzate, note ribattute) sono il mezzo straordinario per caratterizzarne il preziosissimo valore formale. Anche nelle Sonate L 430 in mi maggiore e L 281 in fa minore, eco di vita quotidiana, di profumi dei vicoli di Napoli dov'era nato, d'atmosfera mistica della Cappella reale di cui era compositore e organista, sgorgano dai temi mai freddamente statici ma in continuo movimento, secondo la concezione classica del moto in sé che rinveniva nel “patire” il principio originario. Pathos che scaturisce già dal titolo nella grande Sonata op. 57 di Ludwig van Beethoven, “Appassionata”. Opera di insuperata forza drammatica, ove l'appassionata dialettica tra i temi raggiunge il culmine della potenza espressiva. La cellula originaria dell'intero componimento risiede nel primo tema di quattro battute in fa minore, preceduto da un levare, dal carattere profondamente cupo. Da osservarsi che la nota iniziale della sonata è un “do”, quinto grado “dominante” di fa minore, tonalità d'impianto. Dalla figurazione ritmica e dagli stessi intervalli delle prime due battute si genera il secondo tema in la bemolle maggiore, canto che sembra levarsi come una novella aurora sul deserto di ciò che rimane di sanguinosa pugna e che nasce sempre da un “do”, che in questo caso funge da terzo grado “modale”. Le seconde due battute del primo tema partono ancora da “do”, seguite da un breve intervallo di seconda maggiore (do-re). Ma ciò che immediatamente balza alla nostra attenzione è l'eco di quest'intervallo, che sfocia rigenerandosi nel tema dell'Andante con moto, pagina in stile corale con alcune variazioni dove la ripetizione diventa parte integrante della scrittura. L'atmosfera distesa di questo secondo tempo è rotta all'improvviso dalla tensione generata da un accordo di settima diminuita prima in piano e poi in fortissimo, che introduce il terzo tempo. Tale accordo in Beethoven assume valore di drammaticità intrinseca, preludendo al vortice di scale e arpeggi che compone quest'ultima parte, fino al culmine di un Presto, che ha nella scrittura stessa la più alta densità di tragica accelerazione. Eco del brontolio lontano che Ferdinand Ries, allievo di Beethoven, raccontò di aver ascoltato dal Maestro dopo il ritorno da un’improvvisa fuga tra i boschi nel mezzo di una lezione di pianoforte, è l'ultimo tempo dell'Appassionata, che sembra rappresentarci l'urlo soffocato dell'essere umano di fronte al fato avverso. Altra eco, questa volta ideale, proveniente dalle letture disperate tra le quali il genio di Bonn si ritirava per astrarsi, la ritroviamo nella figura di Ulisse, simbolo di eroe imperituro che tanto vagò prima di riunirsi per sempre al focolare di casa. “L'amata immortale”, che per Beethoven sembrerebbe rappresentata nell'Odissea dall'approdo di Ulisse nell'isola felice dei Feaci, non poteva che essere per lui la musica, quando, completamente sordo, superando se stesso, compose una delle più alte opere dell'umanità: la Nona Sinfonia. Eco di Saffo e di Catullo, di Omero e di Platone, la poesia della vita e dei pensieri di Beethoven costituisce ancora la commovente eco della bellezza che ognuno di noi custodisce in segrete stanze. La sua musica sembra chiederci instancabilmente di tendere l'anima agli aneliti della cultura magnogreca, rinascimentale, classica, romantica, fonti inestinguibili di sentimenti puri. Sono il nostro passato, illuminano il nostro futuro. Emilio Aversano

Salernitano di nascita, Emilio Aversano svolge sin da giovanissimo attività concertistica in recital (Amici della Musica di Palermo, Festival di Ravello, anche in collaborazione con il Nuovo Quartetto Italiano, Teatro Politeama di Catanzaro, ecc.) e da solista con l'orchestra, accompagnato da Filarmoniche quali Bacau, Ploiesti, SBS Youth Orchestra della Radiotelevisione di Sidney, City Symphony Orchestra di Salonicco, con cui nel Dicembre 2015 ha suonato il Primo Concerto di Ciaikovskij nel maestoso "Megaròn Concert Hall" a Salonicco. Nel 2002 esordisce a Milano per la Società dei Concerti nella Sala Verdi del Conservatorio, eseguendo nella stessa serata il Concerto n.1 di Ciaikovskij e il Concerto n. 2 di Rachmaninov con l’Orchestra di Bacau diretta da Ovidiu Balan. Al successo che gli oltre 1600 presenti tributano alla serata segue la pubblicazione di un CD live edito da Phoenix Classics. Il CD ha ricevuto ampi consensi dalla critica specializzata (Gazzetta di Parma-Giampaolo Minardi, Il Sole 24 Ore-Carla Moreni). Nel Giugno 2004 ha poi suonato nella Sala Verdi del Conservatorio di Torino, eseguendo il Concerto di Mozart K488, oltre i due già eseguiti a Milano. Seguono recital a Salisburgo (Marmorsaal) e Bruxelles (Château Sainte-Anne) e il Concerto n. 2 di Rachmaninov all'Università di Oslo con l'Orchestra delle Università di Parma e di Oslo. A Londra esordisce al "Benjamin Britten Theatre" at Royal College of Music e suona all'Istituto Italiano di Cultura. Nel 2008, in un concerto organizzato da “Serate Musicali” presso il Teatro Dal Verme di Milano, il pianista ha eseguito una maratona di quattro concerti nella stessa serata (Mozart K488, Rachmaninov n. 2, Ciaikovskij n. 1 e Liszt n. 2) suscitando l'entusiasmo di Gian Mario Benzing (Corriere della Sera): "Mai visto nulla di simile (...)". Il 1° Ottobre 2010 presso lo stesso teatro, al concerto d'apertura della stagione delle "Serate Musicali" di Milano, è stato protagonista di un'altra maratona concertistica durante la quale ha suonato di seguito, oltre ai quattro concerti già eseguiti due anni prima, anche il Concerto di Schumann. “La Repubblica” ha dedicato all’evento uno speciale con un'intervista al pianista. Nel 2013 ha tenuto una nuova maratona musicale per le "Serate Musicali" di Milano presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano e nell'occasione il TG1 ha trasmesso un servizio con un'intervista al pianista, che dal Corriere della Sera è stato definito l' "inventore di un genere"; la stessa testata gli ha poi dedicato una pagina sul settimanale "Sette", a firma di Gianluca Bauzano. Ancora a Milano, alla Biblioteca Centrale, per le Serate Musicali, è stato prima in dialogo con Gian Mario Benzing (Corriere della Sera) sul tema "Beethoven e la poesia di Omero e Shakespeare" e poi ha eseguito tre Sonate del compositore tedesco. Presente l'illustre filosofo della musica Quirino Principe, il quale su "Il Sole 24 ore" scriverà: “…incontrando a Milano il pianista Emilio Aversano, avevamo avuto la viva illuminazione di quanto possa essere colto e raffinato, ellenico ed europeo insieme un artista del nostro Sud”. Con l'Orchestra Filarmonica di Bacau, sempre diretta da Ovidiu Balan, nell'Ottobre 2014 ha tenuto di seguito due importanti maratone pianistiche alla Konzertsaal dell'Universitat der Kunste di Berlino ed al Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultima è stata edita in live recording nel doppio CD  "Maratona al Gewandhaus" nell'Ottobre 2015 dal mensile Amadeus, che ha dedicato al pianista la pagina di copertina oltre che uno speciale sulla sua attività artistica ed intellettuale. A questa pubblicazione, in esclusiva per l'Italia, seguirà dal Gennaio 2016 l'edizione internazionale a cura della Electrecord di Bucarest. I prossimi concerti lo vedranno impegnato in recital nella prestigiosa stagione 2016 delle "Serate Musicali" nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano, in un programma dal titolo “Da Napoli a Vienna”, e con l'Orchestra Sinfonica di Sanremo al Teatro dell'Opera di Sanremo. Vincitore del concorso a cattedra per titoli ed esami, è docente di pianoforte principale presso il Conservatorio di Vibo Valentia. Dopo aver concluso col massimo dei voti gli studi classici, si è diplomato in pianoforte col massimo dei voti, la lode e la menzione speciale ed ha conseguito la laurea in Lettere Moderne con 110 e lode presso l'Università di Salerno con una tesi su "Dante e la musica". Tra le sue guide quella prestigiosa di Aldo Ciccolini.

Adriana Benignetti