Tragedia lirica in due
atti
Libretto
Felice
Romani (Genova, 31 gennaio 1788 – Moneglia, 28 gennaio 1865) dalla tragedia Norma ou L’infanticide di Alexandre Soumet
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1831
Personaggi
Pollione, proconsole di Roma
nelle Gallie (tenore)
Oroveso, capo dei Druidi
(basso)
Norma, druidessa, figlia
di Oroveso (soprano)
Adalgis, giovane ministra
del tempio d’Irminsul (soprano)
Clotilde, confidente di
Norma (soprano)
Flavio, amico di Pollione
(tenore)
Due fanciulli, figli di
Norma e Pollione (mimi)
Druidi, bardi, eubagi,
sacerdotesse, guerrieri e soldati galli
La trama
(testo per
gentile concessione del Teatro Lirico di Cagliari)
Atto I
Il
capo dei druidi, Oroveso, guida una folla di guerrieri e di sacerdoti galli
presso la sacra quercia di Irminsul. Al sorgere della luna Norma, sua figlia ed
essa stessa sacerdotessa, proferirà il proprio vaticinio: tutti si attendono da
lei il segnale della rivolta contro l’oppressore romano. Allontanatisi i Galli,
sopraggiunge il proconsole romano Pollione. È in compagnia dell’amico Flavio,
al quale confida che la sua passione per Norma è stata spenta dal nuovo amore
per la giovane
Adalgisa , un’altra sacerdotessa d’Irminsul che, a dispetto di
un inquietante sogno premonitore, egli progetta di condurre con sé a Roma per
sposarla. I due ufficiali romani si allontanano quando odono le voci dei Galli
che tornano nuovamente per riunirsi sotto la sacra quercia. I Galli sono
impazienti di ricevere da Norma il vaticinio favorevole alla sollevazione
contro l’oppressore, ma la sacerdotessa li dissuade dai loro propositi
bellicosi: il momento della riscossa non è ancora giunto. Mentre le
sacerdotesse raccolgono il vischio sacro, Norma invoca la luna. Alla fine del
rito, Adalgisa rimane sola: Pollione la raggiunge e la convince a fuggire con
lui il giorno
successivo. Più tardi Norma, nella sua casa, è turbata dalla vista dei figli nati
dalla sua colpevole relazione con il proconsole: confida la propria
inquietudine a Clotilde e le chiede di condurre i bambini in un luogo nascosto
e sicuro. Sopraggiunge Adalgisa che confessa a Norma di essere innamorata e
chiede il suo consiglio. Norma la dichiara sciolta dai voti, ma, quando
sopraggiunge Pollione e la situazione si chiarisce, Adalgisa è turbata
nell’apprendere che Norma era stata sedotta dal Romano e Norma è, a sua volta,
furente nell’apprendere del tradimento di Pollione.
Atto II
Norma,
sconvolta, medita di uccidere i propri figli, ma in lei prevale il sentimento
materno e decide di affidarli ad Adalgisa perché li porti con sé a Roma. La
giovane, commossa, si propone di lasciare Pollione e di convincerlo a unirsi
nuovamente a Norma. Presso la foresta dei druidi i sacerdoti sono impazienti di
dare avvio alla rivolta, ma Oroveso li persuade a pazientare ulteriormente,
attendendo il responso di Norma. Più tardi, al tempio di Irminsul, Norma
apprende che Pollione intende rapire Adalgisa per condurla a Roma. Rompendo
ogni indugio fa risuonare il sacro gong: chiamati a raccolta i guerrieri, li
incita a sterminare gli invasori. Oroveso esorta Norma a compiere il rito
propiziatorio e a designare la vittima umana da sacrificare al dio, quando al
loro cospetto viene condotto Pollione, sorpreso all’interno degli alloggi delle
vergini consacrate mentre tentava di raggiungere Adalgisa. Norma chiama quindi
a raccolta sacerdoti e guerrieri e ordina loro di preparare la pira: la vittima
sacrificale sarà una sacerdotessa spergiura e sacrilega. Pollione la scongiura
di risparmiare Adalgisa. Ma, con grande stupore di tutti, Norma rivela di
essere lei stessa la vittima del sacrificio. Confessa la propria colpa a
Oroveso e gli affida i propri figli. Spogliata delle insegne sacre, coperta da
un velo nero, è colpita dall’anatema dei sacerdoti. Pollione, sconvolto dal
rimorso e toccato dalla grandezza d’animo di Norma, chiede di morire con lei: i
due amanti, riuniti nell’estremo sacrificio, si avviano insieme al rogo.
Adriana Benignetti