16 gennaio 2014

I “Cameristi della Scala” per “La Scala in Famiglia – Domenica alla Scala”

Domenica 19 gennaio 2014 alle ore 16.00, appuntamento con i “Concerti Brandeburghesi” di Johann Sebastian Bach

(Foto di Ugo De Berti)

 
Domenica 19 gennaio 2014 ~ ore 16
La Scala in Famiglia ~ Domenica alla Scala
CAMERISTI DELLA SCALA

Johann Sebastian Bach
Concerto n. 3 in sol magg. BWV 1048
per tre violini, tre viole, tre violoncelli e basso continuo

Concerto n. 5 in re magg. BWV 1050
per flauto traverso, violino, clavicembalo, archi e basso continuo
 
Marco Zoni, flauto
Francesco Manara, violino
Riccardo Doni, clavicembalo

Concerto n. 6 in si bem. magg. BWV 1051
per due viole da braccio, due viole da gamba, violoncello e basso continuo

Concerto n. 4 in sol magg. BWV 1049
per violino, due flauti “in echo”, archi e basso continuo

Francesco Manara, violino
Marco Zoni, flauto
Flavio Alziati, flauto

~ ~ ~ ~ ~ ~

Grandi e piccoli, uniti dalla Scala. Per tutti gli spettacoli del programma La Scala in Famiglia, se hai tra i 6 e i 18 anni e sei accompagnato da un adulto che acquista il biglietto, entri gratis. A ogni appuntamento, in omaggio per tutti i bambini, una guida all’ascolto pensata per loro. Le guide saranno anche scaricabili dal sito www.teatroallascala.org

BACH E LA SUA ANTOLOGIA DI CONCERTI  (Testo di Lorenzo Derinni ©Teatro alla Scala)

Il significato del nome Bach (“ruscello”, “torrente”) è noto a molti amanti della musica, indipendentemente dalla loro confidenza con la lingua tedesca. A questo proposito, resta celebre la frase scherzosa con cui Johann Sebastian Bach esprimeva il suo affetto per l’allievo prediletto Johann Ludwig Krebs: “il più bel granchio nel ruscello” - dove Krebs sarebbe per l’appunto il “granchio”. Tuttavia, tutti coloro che si occupano di musica devono, presto o tardi (ma più spesso molto presto), avvedersi dell’incommensurabile profondità di questo torrente. Bach è il compositore universalmente più amato per la sua complessità e ricchezza espressiva, per la straordinaria vastità e varietà della sua produzione, nella molteplicità di forme, generi, organici strumentali e destinazioni. Anche per questo è difficile scrivere di Bach: la sua storia e la ricezione della sua musica - in vita e nella seconda metà del Settecento, poi di nuovo dalla riscoperta romantica operata da Mendelssohn, fino ai giorni nostri - rappresentano i prodromi dell’indagine musicologica. Il caso Bach è anzi l’atto costitutivo stesso della musicologia come disciplina scientifica. Da un certo punto di vista, sembra impossibile introdurre un discorso su Bach senza ricorrere esattamente alle categorie e ai criteri che gli studiosi hanno imparato a definire e ad affinare lavorando su di lui. In primis, l’eterno interrogativo riguardo il primato della produzione sacra (le cantate, gli oratorii, le passioni) o della produzione strumentale: Bach riteneva più importante la sua musica per il servizio liturgico o le fughe, i concerti e le opere contrappuntistiche? Oppure non operava affatto distinzioni all’interno della sua etica del lavoro? In secondo luogo gli aspetti stilistici: nessun compositore della sua epoca, seppure così démodé nello strenuo utilizzo della polifonia, sintetizzò con tanta libertà gli stili nazionali della musica di corte francese, del concerto e dell’aria italiani, e delle diverse tradizioni contrappuntistiche e organistiche del nord e del sud della Germania. Infine (ma solo per questa lista) gli aspetti teorici, speculativi e didattici, quasi mai disgiungibili nella sua produzione e sempre serpeggianti, o più chiaramente manifesti in opere quali Il Clavicembalo ben Temperato, l’Arte della Fuga, l’Offerta musicale, le Variazioni Goldberg... Rispetto a molte di queste argomentazioni, i Concerti Brandeburghesi si collocano in modo stravagante. Pur essendo tra i brani di Bach più suonati e conosciuti, la loro vicenda trattiene ancora qualcosa di misterioso. Il manoscritto autografo dei sei Concerti data al 24 marzo 1721, e riporta la solenne dedica al margravio Christian Ludwig di Brandeburgo, dal quale la silloge ha poi ricavato il nome. Se, come tutto fa pensare, Bach preparò questo omaggio al regnante di Brandeburgo nella speranza di lasciare l’impiego recentemente ottenuto a Köthen, non è chiaro per quale ragione il manoscritto si presenti più trascurato e impreciso di molti altri autografi anche meno importanti. Altri problemi riferiscono alla precisa datazione dei singoli concerti, e ai criteri che hanno portato alla raccolta. Sembra infatti che Bach abbia attinto a una più ampia cernita di lavori strumentali, risalenti fino ai suoi primi anni di attività. Forse Bach presentiva già la scarsa attenzione che Christian Ludwig gli avrebbe destinato, come proverebbe l’oblio che ha accompagnato l’autografo per i cento anni a seguire. In molti concordano sul fatto che i brani sarebbero assortiti come il più estremo e diverso campionario di concerti per più strumenti (così reca l’intestazione), come suggerisce anche la varietà di stili e di impasti strumentali coinvolti. Il primo concerto è un insuperato innesto della suite-ouverture di stile francese sulla forma di concerto. Il secondo è un più misurato esempio di scrittura italiana, con un invitato un po' ingombrante: la tromba. Il terzo e il sesto, presenti in programma, donano simmetria alla raccolta condividendo l’impiego dei soli archi.  Per il resto si somigliano come il giorno e la notte: il terzo, con il suo ritmo inarrestabile, grazie all’omogeneità timbrica e al procedere serrato delle imitazioni sviluppa violente e irrefrenabili ondate di suono. Il sesto, il più raccolto, approfitta dell’assenza dei violini per timbrare una sonorità densa e grave, in stylus vetus. Se il quarto concerto offre probabilmente il più ampio lavoro di sviluppo motivico nell’alternanza di soli e tutti, il quinto, al contrario, lascia emergere al massimo i solisti, con il picco costituito dalla celebre e gigantesca cadenza del clavicembalo nel primo tempo. Di tutta l’opera strumentale di Bach, molta della quale risale proprio al periodo di Köthen, i Concerti Brandeburghesi rappresentano forse al meglio il lato più immediato, energico e vigoroso, di quella mai più eguagliata proporzione musicale tra vita dell’anima ed esprit de géométrie che sembra impossibile possa smettere di nutrire e incantare.  

I Cameristi della Scala – complesso da camera formato da musicisti dell’Orchestra del Teatro alla Scala –  hanno  cominciato la loro attività nel 1982. Tengono concerti nei teatri e nelle sale più prestigiose del mondo. Nel 2013 hanno suonato nella magnifica cornice di Hagia Irene per il Festival di Istanbul, all’Auditorium National di Madrid e al Teatro Coliseo di Buenos Aires; hanno anche inaugurato il Festival delle Nazioni di Città di Castello. Nel mese di ottobre hanno effettuato una tournée negli Stati Uniti ˗ in occasione dell’anno della Cultura Italiana negli USA e delle celebrazioni del Bicentenario Verdiano ˗ che li ha visti protagonisti al MIT di Boston, alla Carnegie Hall di New York e poi a Washington, Miami, Providence e Charleston con un programma di musiche inedite dedicate a Verdi. Di questo programma verdiano hanno di recente realizzato un cd. Nel mese di novembre hanno effettuato una tournée di cinque concerti in Russia, due dei quali nella Sala Čaikovskij di Mosca. Nel 2012 hanno ricevuto dalla Provincia di Milano il Premio Isimbardi, destinato alle istituzioni che con la loro importante attività internazionale hanno contribuito al prestigio della città di Milano nel mondo. Negli ultimi anni hanno suonato a Parigi nella sede dell’Unesco e nella Salle Gaveau, a Varsavia al Teatro dell’Opera, a Mosca nella sala Čaikovskij, a Zurigo nella Tonhalle, e, in tournée, in Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Svezia, Norvegia, Danimarca, Polonia, Lettonia, Lituania, Serbia, Turchia. Nel 2010 hanno effettuato una tournée di quattro concerti in Israele, suonando tra l’altro nell’auditorium Mann di Tel Aviv, e hanno eseguito con grande successo quattro concerti a Shanghai in rappresentanza della città di Milano all’Expo 2010. Nel 2011 si sono esibiti a Toronto al Sony Center e hanno inaugurato a Imola l’edizione 2011 dell’Emilia Romagna Festival. Dal 2007 al 2009 sono stati protagonisti, in piazza del Duomo a Milano, del Grande concerto d’estate, suonando davanti a più di diecimila spettatori. Per questo appuntamento i Cameristi della Scala hanno anche commissionato a un compositore italiano un brano dedicato alla Cattedrale: nel 2008 è stato eseguito un brano di Carlo Galante, nel 2009 una composizione di Giovanni Sollima. Nel 2011, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia e in collaborazione con l’Associazione Musica del Risorgimento, i Cameristi hanno svolto un importante lavoro di ricerca sul repertorio inedito ottocentesco e hanno realizzato un cd, uscito nelle edicole in 20.000 copie, dedicato a musiche italiane del periodo risorgimentale. Hanno inoltre curato la pubblicazione di tre cd di musiche risorgimentali. Il repertorio dell’orchestra comprende le principali composizioni per orchestra da camera dal Settecento ai giorni nostri e presta una particolare attenzione alle musiche poco frequentate dell’Ottocento strumentale italiano, spesso caratterizzate dalla presenza di parti solistiche di grande virtuosismo che ben si adattano alle peculiarità strumentali dei solisti del gruppo, tutte prime parti dell’Orchestra della Scala e concertisti molto noti anche in campo internazionale. La costante e pluriennale frequentazione dei musicisti con i più grandi direttori sulla scena mondiale, da Riccardo Muti a Daniel Barenboim, ha contribuito a plasmare il loro suono e a far emergere caratteristiche musicali timbriche e di fraseggio certamente uniche nel panorama musicale italiano delle formazioni da camera.

Violini
Laura Marzadori, Andrea Pecolo, Gianluca Scandola, Rodolfo Cibin, Fulvio Liviabella,
Roberto Nigro, Stefano Dallera, Gabriele Porfidio, Damiano Cottalasso

Viole
Duccio Beluffi, Elena Faccani, Na Li
Violoncelli
Sandro Laffranchini, Jakob Ludwig, Beatrice Pomarico

Contrabbasso
Alessandro Serra

Prezzi: da 12 a 5 euro
Infotel 02 72 00 37 44

 (Comunicato stampa)