Il dramma in due atti di
Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera, sarà in scena dal 17 aprile
al 14 maggio 2013, con la regia di Mario Martone: sul podio Riccardo Frizza
«L’Oberto è un’opera prima, come tale piena di echi del passato, ma già completamente segnata dalla forza originale che si sarebbe sprigionata nel futuro del genio di Busseto. Quando si ascoltano i primi accordi della sinfonia, è impossibile non pensare al Don Giovanni che Verdi aveva studiato fino allo stremo, e a questi accordi segue, forse non a caso, la vicenda di un padre anziano che vuole battersi col seduttore che le ha disonorato la figlia e che in questo diseguale duello verrà ucciso.
Ogni artista gareggia con chi lo ha preceduto, e Verdi mira subito in alto con l’Oberto. Innestato sulla trama di eco mozartiana, ecco poi gemmare il primo rapporto fatale tra padre e figlia creato da Verdi, primo di una lunga e tormentata serie (un anno fa ero alle prese con la Luisa Miller e ancora ne sento la forza). Insomma, gli spunti per lavorare a questo melodramma erano molteplici. Ascoltando e riascoltando, quel che però a un certo punto ha cominciato ad attrarmi nel lavorare all’Oberto era la presa di Verdi, già così chiara in questa sua prima opera, sulla realtà profonda e tragica del nostro paese. Lo sfondo della trama dell’Oberto è un Medioevo cupo e feroce, quello dominato dalla figura di Ezzelino da Romano. Dalle faide tra famiglie che si contendono il territorio del Veneto è maturato l’esilio di Oberto e in quel contesto ha origine la scelta di Riccardo di stringere alleanza con Ezzelino attraverso il matrimonio con sua sorella Cuniza, disonorando così Leonora, la figlia di Oberto che aveva promesso di sposare. Al di là dell’intreccio amoroso che guida l’azione drammaturgica, c’è un fulcro politico violento ancora vivo oggi. Non succedono infatti vicende simili intorno a noi? Sì, succedono. C’è ancora quella ferocia, ci sono ancora quelle guerre tra bande in cui le alleanze nascono sui tradimenti, c’è ancora quel sanguinoso senso dell’onore come schermo della violenza maschile che le donne subiscono o combattono ad armi ìmpari (e la proposta inconsueta del duetto tra Leonora e Cuniza è una scelta di approfondimento dei due bellissimi ruoli femminili). C’è un Medioevo nostro contemporaneo, quello delle società mafiose e camorristiche, antropologicamente diffuse al Sud ma come sappiamo drammaticamente ramificate in tutta Italia. Ho voluto provare a leggere l’Oberto nell’anno del bicentenario come il punto di partenza della capacità di Verdi di farsi riflesso del nostro inconscio più profondo, una voce capace di parlare qui, ora, attraverso la musica e il teatro, con un dolore e una chiarezza che travalicano il tempo e ogni contingenza storico-culturale. Giulio di Majo,musicista e psicanalista, amico amatissimo, di cui molto mi mancheranno le preziose conversazioni, mi aveva illuminato sull’Oberto conte di San Bonifacio. È alla sua memoria che dedico questa regia». Mario Martone
«L’Oberto è un’opera prima, come tale piena di echi del passato, ma già completamente segnata dalla forza originale che si sarebbe sprigionata nel futuro del genio di Busseto. Quando si ascoltano i primi accordi della sinfonia, è impossibile non pensare al Don Giovanni che Verdi aveva studiato fino allo stremo, e a questi accordi segue, forse non a caso, la vicenda di un padre anziano che vuole battersi col seduttore che le ha disonorato la figlia e che in questo diseguale duello verrà ucciso.
Ogni artista gareggia con chi lo ha preceduto, e Verdi mira subito in alto con l’Oberto. Innestato sulla trama di eco mozartiana, ecco poi gemmare il primo rapporto fatale tra padre e figlia creato da Verdi, primo di una lunga e tormentata serie (un anno fa ero alle prese con la Luisa Miller e ancora ne sento la forza). Insomma, gli spunti per lavorare a questo melodramma erano molteplici. Ascoltando e riascoltando, quel che però a un certo punto ha cominciato ad attrarmi nel lavorare all’Oberto era la presa di Verdi, già così chiara in questa sua prima opera, sulla realtà profonda e tragica del nostro paese. Lo sfondo della trama dell’Oberto è un Medioevo cupo e feroce, quello dominato dalla figura di Ezzelino da Romano. Dalle faide tra famiglie che si contendono il territorio del Veneto è maturato l’esilio di Oberto e in quel contesto ha origine la scelta di Riccardo di stringere alleanza con Ezzelino attraverso il matrimonio con sua sorella Cuniza, disonorando così Leonora, la figlia di Oberto che aveva promesso di sposare. Al di là dell’intreccio amoroso che guida l’azione drammaturgica, c’è un fulcro politico violento ancora vivo oggi. Non succedono infatti vicende simili intorno a noi? Sì, succedono. C’è ancora quella ferocia, ci sono ancora quelle guerre tra bande in cui le alleanze nascono sui tradimenti, c’è ancora quel sanguinoso senso dell’onore come schermo della violenza maschile che le donne subiscono o combattono ad armi ìmpari (e la proposta inconsueta del duetto tra Leonora e Cuniza è una scelta di approfondimento dei due bellissimi ruoli femminili). C’è un Medioevo nostro contemporaneo, quello delle società mafiose e camorristiche, antropologicamente diffuse al Sud ma come sappiamo drammaticamente ramificate in tutta Italia. Ho voluto provare a leggere l’Oberto nell’anno del bicentenario come il punto di partenza della capacità di Verdi di farsi riflesso del nostro inconscio più profondo, una voce capace di parlare qui, ora, attraverso la musica e il teatro, con un dolore e una chiarezza che travalicano il tempo e ogni contingenza storico-culturale. Giulio di Majo,musicista e psicanalista, amico amatissimo, di cui molto mi mancheranno le preziose conversazioni, mi aveva illuminato sull’Oberto conte di San Bonifacio. È alla sua memoria che dedico questa regia». Mario Martone
Sarà ispirata all’idea del Risorgimento italiano, la regia di Mario Martone per Oberto Conte di San Bonifacio, dramma in due atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Temistocle Solera, che sarà in scena al Piermarini dal 17 aprile
al 14 maggio 2013 in una nuova produzione del Teatro alla Scala. Sul podio Riccardo Frizza e, nel cast vocale: Michele
Pertusi e Adrian Sampetrean (10 e 14) nel ruolo
di Oberto; Fabio Sartori in Riccardo;
Sonia Ganassi in Cuniza; Maria Agresta in Leonora e José Maria Lo Monaco in Imelda.
Teatro
alla Scala, Milano
17, 20, 23 aprile ~ 2,
5, 10, 14 maggio 2013
Oberto
conte di San Bonifacio
Dramma
in due atti
Libretto
di Temistocle Solera
Musica
di GIUSEPPE VERDI
(Editore Universal Music
Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima
rappresentazione: Teatro alla Scala, 17 novembre 1839
Nuova produzione Teatro
alla Scala
Direttore
RICCARDO
FRIZZA
Regia
MARIO
MARTONE
Scene
SERGIO
TRAMONTI
Costumi
URSULA
PATZAK
Luci
PASQUALE
MARI
Personaggi
e interpreti
Oberto Michele Pertusi
/ Adrian Sampetrean (10 e 14)
Riccardo Fabio Sartori
Cuniza Sonia
Ganassi
Leonora Maria
Agresta
Imelda José Maria Lo Monaco
ORCHESTRA E CORO DEL
TEATRO ALLA SCALA
Maestro
del Coro BRUNO CASONI
Date:
mercoledì
17 aprile 2013 ore 20 ~ prima rappresentazione
sabato
20 aprile 2013 ore 20 ~ turno D
martedì
23 aprile 2013 ore 20 ~ turno A
giovedì
2 maggio 2013 ore 20 ~ turno B
domenica
5 maggio 2013 ore 20 ~ turno C
venerdì
10 maggio 2013 ore 20 ~ turno E
martedì
14 maggio 2013 ore 20 ~ fuori abbonamento
Prezzi: da 210 a 13 euro
Informazioni: 02 72 00 37 44, www.teatroallascala.org
Mercoledì
17 aprile l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI Radio Tre