02 febbraio 2013

A colloquio con… Orazio Sciortino: comunicare (con) la musica

«Vivere il proprio tempo significa, per un artista, trovare i punti di contatto tra l’esigenza interiore della ricerca e la motivazione, la  necessità sociale ed etica di ciò che trova»



C’è una sola domanda che gli provoca un leggerissimo imbarazzo e qualche secondo di silenzio ed è quella che, inevitabilmente, prima o poi gli pongono tutti, me compresa: “Ti senti più pianista o compositore?”. «L’uno e l’altro… allo stesso modo!». 


Per il resto, è come un fiume in piena, un fiume dal quale, confesso, ci si lascia piacevolmente travolgere anche, e soprattutto, perché al centro dei suoi discorsi c’è sempre lei, la musica. Senza confini, né di tempo, né di genere, né tanto meno di ruoli. «Penso che un musicista debba tornare a essere un comunicatore culturale com’era nel passato: la figura dell’artista-divo ha smesso di avere il suo senso».


Bastano pochi minuti per capire che la breve esitazione di fronte a quella domanda era dovuta, solo e unicamente, a una questione mal posta. «Personalmente, pur riconoscendone la grandezza, credo che figure come Arturo Benedetto Michelangeli o Vladimir Horowitz siano molto lontane dai bisogni della contemporaneità; naturalmente non mi riferisco alla loro arte ma alla loro immagine, allo status symbol che hanno rappresentato. Il divario netto che si è creato tra compositori e interpreti dal secondo dopoguerra in poi ha, a mio avviso, contribuito all’allontanamento del pubblico dalle sale da concerto. L’ideale del musicista che fa della propria musica un oggetto di elitaria speculazione ha prodotto danni incalcolabili. Schumann, Liszt, Mozart, non erano solo grandi compositori e grandi strumentisti (la separazione delle “cariche” nell’arte dei suoni non esisteva!) ma erano intellettuali capaci di interagire nel proprio tempo, talvolta modificando il corso della storia».

(Foto di Massimo Pasquali)
Ha solo 28 anni Orazio Sciortino – e fisicamente ne dimostra anche meno – ma idee chiarissime e doti oratorie davvero notevoli. Soprattutto, ha una passione e un’energia contagiose, e, come la musica di cui parla, sembra non avere tempo. Ma, pur con lo sguardo necessariamente rivolto a quel che è stato («Scrivere musica oggi ha senso solo se c’è un dialogo con il passato»), Orazio è fortemente ancorato all’oggi, al tempo e alla società in cui vive. «Mai come oggi è indispensabile che un artista, se ha motivo di esistere, sappia conoscere e interpretare le problematiche della società contemporanea.  Vivere il proprio tempo vuol dire trovare i punti di contatto tra l’esigenza interiore di una ricerca e la motivazione, la necessità sociale ed etica di ciò che trova».


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©Adriana Benignetti