da Vincenzo Vitale, Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento
Vincenzo Vitale (Napoli, 13 dicembre 1908 – Ivi, 21 luglio 1984)
Il Liceo Musicale e la Galleria Umberto I
(Foto: sirenapartenope.it) |
La Galleria Umberto I è l’elemento architettonico più noto di Napoli. Più noto, è inutile dirlo, al profanum vulgus, che vede la bellezza nel voluminoso, nel mastodontico, nel cincischiato.
Tuttavia, coi suoi pregi ed i suoi difetti, la Galleria ha, nella storia recente del costume di Napoli, un suo privilegio di priorità sui monumenti di ben altro valore artistico. Nella Galleria convergono le linee essenziali d’una cultura che non si scomponeva, durante quel bonario umanesimo che fu l’ottocento napoletano, in dissociate membra, ma si unificava piuttosto in un ben definito organismo. Conseguenza e simbolo di operosità nel mondo della tecnica e dell’arte d’allora.
La Galleria nacque sotto il segno della musica. Essa si generò nel suo principale elemento, la cupola, proprio da un ingegnere-musicista, il primo dei fratelli Boubée, Paolo, che la progettò. Violinista eccellente, Paolo Boubée capeggiava un quartetto che contribuì alla conoscenza di Haydn, di Mozart e di Beethoven, incuneandosi nel mondo musicale partenopeo dedito a coltivare la passione per il melodramma, ignorando, o quasi, la musica da camera. Paolo Boubée, tra compassi, squadre e matite, col violino sempre pronto a servire da correttivo all’addensarsi di numeri e di segni logaritmici, progettò la famosa cupola della Galleria.
Forse un po’ della sua passione per Euterpe egli trasmise a quelle strutture di ferro e di vetro, perché proteggessero e quasi ossigenassero quanto di musica avveniva nei vari bracci del mastodontico edificio. Sotto la cupola era un addensarsi dei personaggi più vari: dall’attore di teatro al ‘fine dicitore’ di cafè-chantant, dal canzonettista al ‘posteggiatore’. Ma soprattutto vi convenivano i cantanti lirici. Non le stars, naturalmente, ma i comprimari ed i coristi. Se occorreva un ‘Ferrando’ nel Trovatore, si sollecitava il solito e noto interprete del personaggio, se ‘Fra’ Melitone’ era ammalato, si procurava, tra gli aspiranti al ruolo, di sperimentare il giovane in attesa della buona occasione. E poi: violinisti, violoncellisti, contrabbassisti e, via via, strumentisti a fiato, timpanisti, batteristi, una vera folla che sarebbe assurdo immaginare oggi, in tempi di magra, con orchestra che languono, alimentate da giapponesi, bulgari, romeni e filippini: tappabuchi che, nel ricordo d’una attività ormai leggendaria, fa tanta tristezza vedere seduti nei nostri teatri, sulle nostre pedane da concerto, al posto di quanti avrebbero potuto scegliere un rifugio sicuro al loro avvenire artistico e professionale. Ma tant’è! Il pianoforte affascina. E sottrae sempre più reclute all’orchestra. Falangi, turbe, eserciti di suonatori di pianoforte dilagano travolgendo uomini e cose. La Galleria contribuì in maniera cospicua al diffondersi della passione pianistica. Vi ebbero sede negozi che vendevano tonnellate di musiche pe la tastiera: dal metodo didattico alla collezione di studi, dalla canzonetta allo spartito d’opera per pianoforte solo, dal moracea de salon del maestro napoletano alle raccolte di musiche del grande repertorio.
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Forse un po’ della sua passione per Euterpe egli trasmise a quelle strutture di ferro e di vetro, perché proteggessero e quasi ossigenassero quanto di musica avveniva nei vari bracci del mastodontico edificio. Sotto la cupola era un addensarsi dei personaggi più vari: dall’attore di teatro al ‘fine dicitore’ di cafè-chantant, dal canzonettista al ‘posteggiatore’. Ma soprattutto vi convenivano i cantanti lirici. Non le stars, naturalmente, ma i comprimari ed i coristi. Se occorreva un ‘Ferrando’ nel Trovatore, si sollecitava il solito e noto interprete del personaggio, se ‘Fra’ Melitone’ era ammalato, si procurava, tra gli aspiranti al ruolo, di sperimentare il giovane in attesa della buona occasione. E poi: violinisti, violoncellisti, contrabbassisti e, via via, strumentisti a fiato, timpanisti, batteristi, una vera folla che sarebbe assurdo immaginare oggi, in tempi di magra, con orchestra che languono, alimentate da giapponesi, bulgari, romeni e filippini: tappabuchi che, nel ricordo d’una attività ormai leggendaria, fa tanta tristezza vedere seduti nei nostri teatri, sulle nostre pedane da concerto, al posto di quanti avrebbero potuto scegliere un rifugio sicuro al loro avvenire artistico e professionale. Ma tant’è! Il pianoforte affascina. E sottrae sempre più reclute all’orchestra. Falangi, turbe, eserciti di suonatori di pianoforte dilagano travolgendo uomini e cose. La Galleria contribuì in maniera cospicua al diffondersi della passione pianistica. Vi ebbero sede negozi che vendevano tonnellate di musiche pe la tastiera: dal metodo didattico alla collezione di studi, dalla canzonetta allo spartito d’opera per pianoforte solo, dal moracea de salon del maestro napoletano alle raccolte di musiche del grande repertorio.
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(Vincenzo Vitale, Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento, Saggi Bibliopolis 10, Napoli: Bibliopolis 1983, pp. 117-120)
Adriana Benignetti