24 giugno 2011

A colloquio con Roberto Cominati, raffinato pianista e pilota d’aerei (tra l’altro)

«Vivo con dei grandi sensi di colpa perché so di non studiare mai abbastanza»


Comincia così, a registratore ancora spento, la mia chiacchierata con Cominati che incontro in un bar di Milano, a colazione. Ho il piacere e l’onore di conoscere personalmente Roberto, da diversi anni ormai. Eppure, ogni volta per me è una conferma e una sorpresa allo stesso tempo. Una conferma quando lo ascolto in concerto e ritrovo quel talento straordinario e quel suono, raffinato ed elegante, che nel 1993 incantarono giuria e pubblico al Busoni. E che incantarono anche me, all’epoca diplomanda in pianoforte. E una sorpresa perché, nonostante i premi internazionali, i riconoscimenti di critica e di pubblico e una carriera ormai consolidata, Cominati è rimasto sempre lo stesso.

Roberto Cominati, S. Rachmaninov, 
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 

«Non mi considero un professionista. Mi sento sempre inadeguato». Se non lo conoscessi da quasi 20 anni penserei di avere di fronte “uno che se la tira”, a caccia di facili complimenti. E, invece, so che quello che dice corrisponde esattamente a quello che pensa: che l’inadeguatezza di cui parla la prova davvero. Non si sente un professionista, ma di professioni ne svolge ben due che chiunque, pur dotato, faticherebbe non poco a conciliare: pianista di altissimo livello e pilota di aerei di linea. «Il pilota, in realtà, è un mestiere che mediamente può fare chiunque. Questo non significa che sia facile: devi essere sveglio, devi studiare, deve piacerti, ma non è una professione “unica” come quella del pianista. Fare 3-4 tratte al giorno, ormai, è routine, a meno che non ci sia un’emergenza. Il pianoforte richiede più concentrazione, studio, dedizione, capacità… non è da tutti».


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Adriana Benignetti