20 giugno 2011

A colloquio con Emanuele Segre


«Mi sono innamorato della musica fin dalle prime note che ho suonato»


«Sono un chitarrista per caso», dichiara Emanuele Segre, solista di fama mondiale, definito già al suo esordio dal The Washington Post “a musician of immense promise”, e mi spiega: «Quando, infatti, ancora ragazzino, al principio della scuola media, mi trovai a dover scegliere lo strumento musicale da studiare, in accordo con la famiglia optai per la chitarra perché in casa ce n’era una. Era una vecchia chitarra, appartenuta al nonno materno e, così, si pensò di ‘sfruttare’ questo strumento, evitando di comprarne uno nuovo».  

I suoi genitori non erano musicisti, ma il padre aveva studiato per qualche anno violino e questo strumento, scelto dalla sorella di Segre, sarà per molti anni ugualmente importante per lui. Alla conclusione delle medie, vista la passione mostrata per la musica, fu automatico tentare l’ammissione al Conservatorio. «All’epoca il corso di chitarra, ancora in via sperimentale, aveva solamente una classe: era molto difficile accedervi visto il numero esiguo di posti disponibili. Feci quindi, contemporaneamente, l’esame di ammissione per chitarra e violino; risultai idoneo in entrambi i corsi e così, per un po’ di anni, studiai tutti e due gli strumenti». Il violino, abbandonato poi, quando nel proseguire degli studi la scelta divenne inevitabile, è rimasto sempre nel cuore di Segre. «Studiare il violino mi ha aiutato moltissimo, consentendomi di sviluppare l’orecchio e un certo gusto e sensibilità per il fraseggio». 

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 Adriana Benignetti