04 giugno 2011

Christophe Bertrand

Il ricordo di un talento straordinario strappato alla vita a soli 29 anni


Christophe Bertrand 
(Foto di Pascale Srebnicki)

Il suo nome, dal suono dolce e armonioso, continuava a ronzarmi nella testa, ad attraversare i miei pensieri nelle notti insonni, lunghe e frequenti. Me lo ripetevo, come un mantra: Christophe Bertrand.
Eppure, lo conoscevo appena; sapevo poco, mea culpa, della sua vita e del suo talento straordinario, avendone ascoltato solamente una composizione. Almeno, tutto ciò fino al mio incontro con Ivan Fedele. In una lunga, piacevole, e per me molto istruttiva, chiacchierata, accanto a Bruno Canino, Renato Dionisi, Pierre Boulez, Luciano Berio, Ernst Bour, Fedele mi aveva nominato anche lui.

Me ne aveva parlato come uno di quegli incontri speciali, che ti segnano: perché il talento, la creatività, la passione, la gioia, la capacità di rielaborare e trasformare quello che si assorbe, sanno e possono essere contagiosi.
Me lo aveva descritto come un talento speciale che lui, suo maestro a Strasburgo dai 14 ai 19 anni, aveva avuto modo di vedere – in nuce, eppure già definito e prorompente –  e di apprezzare, intuendo che sarebbe cresciuto, ancora.

Me lo aveva raccontato con queste parole:
 «Era un ragazzo dal talento considerevole che sicuramente sarebbe diventato uno dei compositori di punta della nostra epoca, se gli eventi non lo avessero “strappato” alla vita, molto precocemente. Da lui ho “appreso” una passione straordinaria per tutto ciò che era nuovo, una capacità eccezionale nell’apprendere e, soprattutto, nel far “risuonare” in sé, restituendolo in maniera diversa, tutto ciò che assorbiva. Ha rafforzato la mia fiducia nei giovani che, purtroppo, sono o trascurati o, tante volte, quando sono dei talenti, sfruttati e accantonati per far posto ad altri talenti».

E, in qualche modo, me lo avevo consegnato.


Foto di Pascale Srebnicki


Erano passati alcuni giorni dal mio incontro con Ivan Fedele e la curiosità per quel “nome” cresceva, accompagnata dal ricordo dell’emozione che avevo letto negli occhi di Fedele, mentre me ne parlava. E così, sono andata a cercarlo, a conoscerlo.

Mi sono imbattuta nel suo sito, che amici e familiari, continuano a mantenere in vita e ho compreso quell’emozione che mi era stata consegnata e che, a mia volta, sento di dover consegnare.
Nello stesso identico modo in cui l’ho percepita io, ossia partendo dalle composizioni, tante, che Christophe ci ha lasciato, pur in una così breve vita.


Christophe Bertrand, Satka, Ensemble Intercontemporain (pubblicato su YouTube da John11inch in data 8/12/2010)


Christophe Bertrand, Haïku, Alfonso Alberti (video pubblicato su YouTube da alfonsoalberti in data 18/02/2011)


Inoltre, sul sito di Christophe, è possibile ascoltare altri estratti di sue composizioni, accedendo al seguente link:

6 sono le composizioni per orchestra:
Yet, 2002
Mana, 2004-05
Vertigo, 2006-07
Scales,  2008-09
Ayas, 2010
Okhtor, 2010

Di Scales, in particolare, Christophe aveva detto: «È senz'altro il pezzo che mi ha presentato finora più difficoltà compositive. Difficoltà sia di ordine musicale che personale: rimettermi in questione permanentemente e apoditticamente mi ha costretto, in sede di scrittura dell’opera, a impiegare volontariamente nuovi procedimenti compositivi, cui fa riferimento il titolo stesso (le scale e i modi che hanno rappresentato una base del mio lavoro). […] Scales è dunque caratterizzato innanzitutto dalla violenza: non la violenza gioiosa di Vertigo, ma una violenza selvaggia, come dimostrano i passaggi riservati alle sole percussioni. L'impiego dei microintervalli è meno intensivo che nei miei lavori precedenti. Mi sono indispensabili, ma ho preferito utilizzare dei suoni inarmonici (campane e gong) o degli armonici naturali dei corni e degli archi per creare delle aureole misteriose o al contrario degli aggregati vulcanici».

6 le composizioni per voce, con o senza strumenti:
Strofa IIb, 1998-2000
Strofa II, 2000
Iôa, 2003
Madrigal, 2004-1005
Kamenaia, 2007
Diadème, 2008

Su Kamenaia, Bertrand aveva scritto: «Per Kamenaia ho scelto d'ispirarmi a un quadro di Jean Dubuffet, Vénus du trottoir, associandovi un testo di Pierre Jean Jouve. La relazione tra le due opere è più pregnante di quanto non possa sembrare. L'Art Brut iniziata da Jean Dubuffet era una corrente molto eterogenea, che raggruppava artisti che praticavano un'arte spontanea, al di fuori d'ogni scuola e spesso senza alcuna formazione artistica. Le opere più emblematiche di questa corrente erano frequentemente realizzate da soggetti che soffrivano di malattie psichiatriche. Pierre Jean Jouve s'avvicina all'Art Brut nell'intento di "attingere al proprio profondo". Infatti Jouve, che ha sposato la psicanalista Blanche Reverchon, ha impiegato molto la scrittura automatica come associazione libera per elaborare la sua poesia. È dunque l'esplorazione dell'inconscio, della vita interiore associata alla fantasia, alla spiritualità e al gusto per l'onirico che ha irradiato l'essenziale della sua opera. La donna è in Jouve un tema ricorrente e mi sono accorto che in tutti i miei pezzi vocali sono presenti il tema della donna e dell'amore ( Strofa II, Madrigal, Iôa). Assolutamente senza pensarci ho scelto spontaneamente il quadro di Dubuffet, questa rappresentazione della donna come bella manifestazione dell'inconscio! Ho dunque deciso d'impiegare per associazione il testo Phénix (II) dalla raccolta Mélodrame (1956-1958), magnifica ode alla sensualità, alla donna e alla carne, per accompagnare il quadro e trarne un'opera musicale. Il quadro di Dubuffet era stato originariamente intitolato dall'autore Kamenaia-Baba».

2 le composizioni per pianoforte:
Haos, 2001
Haïku, 2008

Come spiegava Bertrand «la forma dell'Haïku si riferisce direttamente ai Sept Haïkai di Olivier Messiaen. Le proporzioni metriche di questa forma poetica giapponese prestano la struttura al pezzo, nelle sue sezioni e sottosezioni. Non mancano virtuosismo né velocità, ma il carattere essenziale è una forma di ascesi, per dir così, comune alla perfezione di queste liriche giapponesi ma anche a molti lavori di Messiaen, da alcuni Regards sur l'Enfant-Jésus ai tempi lenti di Turangalila, a certi Préludes. Ho vissuto l'omaggio a Messiaen più come un’ombra che mi ha accompagnato nella composizione che non come il confronto con un mostro sacro davanti al quale sentirsi così piccoli da non riuscire a produrre nulla. Ho rifiutato la citazione e il collage. Soltanto un accordo deriva da un'opera di Messiaen: poca cosa, eppure tutta la composizione tende verso quelle quattro note dalla sonorità tanto singolare. Casualmente si tratta della medesima matrice impiegata da Berio in Sinfonia . Benché destinato al pianoforte, questo pezzo è stato scritto, come tutte le mie composizioni, senza l'ausilio dello strumento, bensì a tavolino. Ho potuto così superare gli idiomi strumentali (ai quali mi avrebbe inevitabilmente orientato la mia formazione di pianista), pensare lo strumento virtualmente e non meccanicamente né digitalmente, e immaginare dei processi che altrimenti non avrei potuto realizzare. Haïku è una commissione di Ars Mobilis».

3 le composizioni per altri strumenti solisti:
Dikha, 2000-2001, per clarinetto in Sib, clarinetto basso e dispositivo elettroacustico
Ektra, 2001, per flauto
Arashi, 2007, per clarinetto in Sib

Di Arashi,  Christophe aveva affermato: «È un termine che si riferisce al vento di tempesta del Giappone. È il titolo d'una musica dell'estremo e dell'eccesso. Il pezzo viene suonato senza interruzione e senza tregua alcuna. È uno dei pochissimi nel mio catalogo a esser stato scritto in un tempo estremamente breve: è stato una sorta di gioco di scrittura, artigianale ma di grande precisione, senza tuttavia rispondere a uno schema architettonico prestabilito come negli altri miei pezzi».

10 le composizioni per formazioni da camera:
Skiaï, 1998, per flauto, clarinetto, violino, violoncello, percussioni, pianoforte
La Chute Du Rouge, 2000, per clarinetto in Sib, violoncello, vibrafono, pianoforte
Treis, 2000, per violino, violoncello, pianoforte
Virya, 2003-2004, per flauto, clarinetto in Sib, clarinetto basso, percussioni, pianoforte
Aus, 2003, per clarinetto in Sib, clarinetto basso, soprano, sassofono, viola, pianoforte
Quator (n°1), 2005-2006, per quartetto d’archi
Sanh, 2006, per clarinetto basso, violoncello, pianoforte
Hendeka, 2007, per violino, viola, violoncello, pianoforte
Dall’inferno, 2008, per flauto, viola, arpa
Satka, 2008, per flauto, clarinetto, violino, violoncello, percussioni, pianoforte

Così Christophe presentava Satka: «Satka è un termine sanscrito che significa letteralmente "gruppo di sei". In effetti il pezzo è scritto per un organico di sei strumenti. Strutturalmente è disposto in 17 sezioni secondo la serie di Fibonacci, la cui durata cresce e decresce continuamente, da 10' a 87'. Satka è in qualche misura un pezzo gemello di Hendeka, per trio d'archi e pianoforte, composto poco prima. Se l'organico è molto diverso, alcune idee ritornano. L'avvicinamento o l'allontanamento di gesti musicali per via d'aggiunta o sottrazione di silenzi che conferiscono un sentimento di "elasticità" alla massa musicale sono un parametro ricorrente. Satka è una composizione di straordinario virtuosismo, in cui la velocità è parossistica praticamente nel corso di tutti i dodici minuti di durata. Soltanto quattro sezioni in sostenutissimo, molto teso, molto violente e appunto molto tese, arrestano il flusso delle note, senza peraltro ridurne la tensione. Infatti ancora una volta questo virtuosismo non intende essere dimostrativo, bensì comunicare una grande energia dal palcoscenico alla sala».

8 le composizioni non rivendicate o non pubblicate:
Illya, 1996, per 4 voci femminili e pianoforte
Trois Arcanes, 1996-1997, per flauto
Misty Dawn, 1997, per flauto, clarinetto, percussioni, piano
Exils, 1997-98, per clarinetto basso
Et je sus que j’étais la lune, 1998, per flauto
Soap Opera, 1998, per violoncello solo
Crash, 1996, per violoncello e pianoforte
Full, 2002, per 8 voci, percussioni, pianoforte (ritirata dal catalogo)

Nato il 24 aprile del 1981 a Wissembourg, Christophe Bertrand studia presso il Conservatoire National de Région di Strasbourg nelle classi di Laurent Cabasso, Michéle Renoul e Armand Angster, ottenendo, con medaglia d’oro all’unanimità, il diploma in pianoforte e musica da camera. Si esibisce con l’Ensemble Accroche Note e l'Ensemble In Extremis, di cui è co-fondatore.

Dal 1996 al 2000 studia composizione con Ivan Fedele al C.N.R. di Strasbourgo, dove ottiene il diploma all’unanimità, con i complimenti della giuria. Negli anni 2000-2001 partecipa al "Cursus Annuel de Composition et d'Informatique Musicale" (2000-2001), all'IRCAM, dove incontra Philippe Hurel, Tristan Murail, Brian Ferneyhough e Jonathan Harvey. 

Le sue composizioni, sono state dirette, tra gli altri, da Pierre Boulez (che lo ha scelto per scrivere un pezzo per orchestra, la cui creazione ha avuto luogo nel settembre 2005 al Festival di Lucerna), Jonathan Nott, Hannu Lintu, Marc Albrecht, Pascal Rophé, Guillaume Bourgogne ed eseguite da prestigiosi ensemble e solisti, tra i quali: Ensemble Intercontemporain, Orchestre Philharmonique de Radio France, Quatuor Arditti, Accroche Note, Ensemble Court-Circuit, Orchestre Philharmonique de Strasbourg, Ensemble Aleph, Lucerne Festival Academy Orchestra, Ensemble Intégrales, Divertimento Ensemble, Garth Knox, Irvine Arditti, Hidéki Nagano, Juliette Hurel, Jean-Marie Cottet, Jérôme Comte, Claire-Marie Le Guay. Nel 2001 ha ricevuto il Premio della Musica dall’Académie des Marches de l’Est, la Menzione d’Onore al Festival Gaudeamus, mentre l’anno successivo è stato insignito della “Eraplay 2002 Donald Aird Memorial Composers Competition” per la composizione Treis. Nel 2008-2009 stato compositore in residenza presso la Villa Medici di Roma.

Foto di Pascale Srebnicki

Christophe Bertrand è stato tragicamente strappato alla vita il 17 settembre 2010 a Strasburgo a soli 29 anni!

(N.B. Le “presentazioni” dei brani di Christophe Bertrand sono state tratte dal sito delle Edizioni Suvini Zerboni)

Adriana Benignetti